Polonia, strali da Ue, Usa e Israele per le leggi sui media e sui beni della Shoah

Tension con il Paese dopo l'approvazione delle controverse misure

 Nuovi fronti di tensione internazionale per la Polonia, dopo l’approvazione di due controverse misure: da una parte una legge contro la proprietà estera dei media, dall’altra un testo con cui ostacolare la restituzione dei beni confiscati nell’ambito della Seconda guerra mondiale. Critiche alla prima sono arrivate dagli Usa, visto che la nordamericana Discovery potrebbe perdere la licenza per Tvn, rete indipendente considerata un faro d’informazione da milioni di polacchi, malvista dal governo per le sue posizioni critiche. E dall’Unione europea, che vi vede un attacco alla libertà dei media, aggiungendo tensione a quella già esistente sullo stato della democrazia nel Paese esteuropeo. Sul secondo testo si è riversata invece l’ira di Israele, che l’ha definita “ingiusta”.

La Camera ha dato l’approvazione mercoledì a entrambe, che dovranno passare al Senato e alla firma del presidente, Andrzej Duda, membro del partito Diritto e Giustiza (Pis) dell’ex premier Jaroslaw Kaczynski – che non ricopre incarichi politici ma è tra le persone più influenti del Paese. La politica conservatrice punta a “ripolonizzare” la Polonia, l’adesione del Paese a Ue e Nato, così come la relazione con gli Usa, sono guardate come garanzie della sua sicurezza. Ma le leggi potrebbero invece isolare ulteriormente Varsavia, spesso in balia dei vicini più potenti a causa della sua posizione geografica. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha parlato di “legge preoccupante” a proposito di quella sui media, affermando che “va contro i principi e i valori per cui si schierano le nazioni moderne e democratiche”. Il premier Mateusz Morawiecki ha risposto che i funzionari statunitensi non hanno compreso e dovrebbero approfondire, sottolineando: “Non abbiamo alcuna intenzione legata a uno specifico canale tv. Si tratta solo di” far sì “che le aziende fuori dell’Ue non acquistino liberamente i media in Polonia”.

Martedì, giorno prima dell’ok della Camera, migliaia di polacchi erano scesi in piazza per rivendicare libertà d’informazione, memori della censura comunista. La vice presidente della Commissione Ue, Vera Jourova, ha segnalato che la legge “manda un segnale negativo” e che serve “un’azione sulla libertà dei media in tutta l’Ue per rafforzarla e appoggiare lo stato di diritto”. Il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, ha definito la legge “molto preoccupante”, se “entrerà in vigore minaccerà seriamente la tv indipendente”. Molti vedono l’ombra dell’Ungheria e di una deriva illiberale che ha attirato una dura condanna dell’Ue, di fatto però incapace di forzare il rispetto dei suoi valori. Il partito PiS sostiene che tenere i media sotto controllo polacco sia questione di sicurezza nazionale, ma i critici vi leggono la volontà di silenziare il dissenso (dopo che già in passato sono stati fatti passi come la trasformazione dei media pubblici in ‘voce’ del partito e l’acquisto da parte della compagnia petrolifera statale di un grande gruppo di media privato). Il testo sulle proprietà non ha avuto la stessa eco e, in Polonia, la copertura mediatica è stato pressoché nulla. La legge, che colpirebbe gli ex proprietari, ebrei e non ebrei, di beni confiscati dai nazisti nella Seconda guerra mondiale e passati allo Stato comunista dopo il 1945, ha scatenato però l’ira di Israele, che per voce del ministro degli Esteri Yair Lapid ha parlato di “danni sia alla memoria dell’Olocausto che ai diritti delle sue vittime”, ebrei o non ebrei.