Oltre 700 arresti per "legami con il terrorismo"
Scintille fra Turchia e Stati Uniti, dopo il ritrovamento dei cadaveri di 13 turchi che erano stati sequestrati da insorti curdi nel nord dell’Iraq. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha lanciato strali contro Washington, accusandolo di appoggiare il Pkk e le milizie curde e di essere “dalla parte dei terroristi”, mentre nel territorio più di 700 persone sono state fermate per presunti “legami con i terroristi”. Erdogan ha parlato ai sostenitori del suo partito Akp a Rize, sul Mar Nero, scagliandosi contro il dipartimento di Stato che ha deplorato la morte degli ostaggi, sottolineando però che condannerà “nei termini più forti” se sarà confermato che quelle persone siano morte per mano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Il Pkk ha nel frattempo ha diffuso una dichiarazione tramite l’agenzia Firat, smentendo di aver ucciso i “prigionieri di guerra”, descritti come soldati e agenti d’intelligence turchi, e dichiarando che siano morti in conseguenza di raid aerei turchi.
“Non avete detto che non sostenete Pkk, Ypg o Pyd? Siete con loro e dietro di loro, semplicemente”, ha tuonato il presidente turco contro l’amministrazione Biden, facendo riferimento ai gruppi curdi siriani che Ankara considera terroristi e che erano alleati degli Usa nella lotta al gruppo estremista islamico dell’Isis. “Se siamo insieme nella Nato, se dobbiamo continuare a essere alleati, dovete essere sinceri con noi. Non dovete affiancare i terroristi ma essere al nostro fianco”, ha aggiunto. Poco dopo è arrivata la convocazione dell’ambasciatore statunitense David Satterfield al ministero degli Esteri di Ankara, per trasmettergli “nel modo più forte possibile” la reazione del governo di Erdogan.
A placare gli animi è giunta poi una telefonata fra il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, la prima da quando Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca. Blinken ha “espresso le condoglianze per le morti di ostaggi turchi nel nord dell’Iraq e affermato la nostra visione secondo cui i terroristi del Pkk sono responsabili”, ha fatto sapere il dipartimento di Stato Usa.
Le vittime turche sono state scoperte in un complesso di caverne nella regione irachena di Gara, vicino al confine, durante un’operazione lanciata il 10 febbraio contro il Pkk, organizzata per liberare gli ostaggi. Dodici persone sono morte per spari alla testa, una a una spalla, secondo il ministero della Difesa turco. Tutte erano state sequestrate in Turchia negli ultimi cinque o sei anni. Erdogan ha anche aggiunto che 51 militanti del Pkk sono stati uccisi nell’offensiva e ha promesso di continuare ad agire nel territorio iracheno contro l’organizzazione, nonché contro le forze basate in Siria. “Nessun posto è al sicuro per loro”, ha detto.
Nel frattempo, le autorità turche hanno anche fermato oltre 700 persone su tutto il territorio nazionale, per presunti legami proprio con il Pkk. Tra loro ci sono leader locali del principale partito filocurdo della Turchia, il Partito democratico dei popoli (Hdp). Terza forza politica in Parlamento ad Ankara, l’Hdp è accusato dal governo di Erdogan di avere legami con il Pkk ed è oggetto di repressione da più di cinque anni. Vari sindaci eletti del partito sono stati rimossi e migliaia di membri incarcerati, tra cui anche l’ex presidente Selahattin Demirtas, nonché principale politico curdo della Turchia di cui la Corte europea dei diritti umani ha chiesto di recente la liberazione. Secondo il tribunale, è in cella per “motivi politici”.
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