L'inquinamento da polveri sottili provoca nel nostro Paese più di 66mila morti premature
La Commissione europea esorta l'Italia ad adottare azioni appropriate contro l'emissione di PM10 al fine di garantire una buona qualità dell'aria e salvaguardare la salute pubblica, dal momento che tale paese non è ancora riuscito a risolvere il problema dei livelli persistentemente elevati di polveri sottili (PM10), che rappresentano un grave rischio per la salute pubblica. In Italia l'inquinamento da polveri sottili provoca nel paese più di 66.000 morti premature, rendendo l'Italia lo Stato membro più colpito in termini di mortalità connessa al particolato, secondo le stime dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea). Quello di oggi, per la Ue è "un ultimo avvertimento riguardante 30 zone di qualità dell'aria in tutto il territorio italiano in cui dal 1° gennaio 2005, data dell'entrata in vigore dei valori limite giornalieri di polveri sottili in sospensione (PM10), si sono registrati dei superamenti". Una precedente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea aveva già ritenuto l'Italia responsabile della violazione della legislazione UE pertinente per gli anni 2006 e 2007.
Per quanto riguarda il valore limite giornaliero, le 30 zone interessate sono situate nelle seguenti regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. L'avvertimento si riferisce inoltre ai superamenti del valore limite annuale in 9 zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco (Lazio). "In caso di superamento dei valori limite, gli Stati membri sono tenuti ad adottare e attuare piani per la qualità dell'aria che stabiliscano misure atte a porvi rimedio nel più breve tempo possibile" sottolinea la Ue. Le misure legislative e amministrative finora adottate dall'Italia non sono bastate a risolvere il problema. La decisione odierna fa seguito a un'ulteriore lettera di costituzione in mora inviata all'Italia nel giugno 2016. "Se l'Italia non si attiverà entro due mesi, la Commissione potrà deferire il caso alla Corte di giustizia dell'UE", prosegue la nota
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