L'ex segretaria di Stato sembra pronta all'incoronazione ufficiale

Hillary Clinton, la candidata alla Casa Bianca, sembra pronta a volare verso la convention democratica che la incoronerà come nome ufficiale del partito. Da lì, sembra breve il passo per diventare presidente, come lo è stato -per due volte- suo marito Bill. E questo porterà forse ad una politica estera 'muscolare', lontana da quella dell'attuale presidente Barack Obama. Le conseguenze su diversi scacchieri – dalla Libia alla Siria – potrebbero essere pesanti. Questo il quadro dipinto dal professor Massimo Teodori, esperto di storia degli Stati uniti.

Professor Teodori, partiamo dall'attualità di questi giorni. Clinton e Trump hanno vinto nelle primarie dello Stato di New York. Il risultato era prevedibile?

Sì, per due ordini di ragioni. C'erano, da una parte, dei sondaggi favorevoli a questi due candidati. Del resto, in questo Stato l'elettorato ha una composizione tale da prevedere che si orientasse, soprattutto in ambito democratico, verso la Clinton, essendo afroamericano e ispanico, da sempre a favore dell'ex segretario di Stato. Altrettanto vale per Trump: una classe media bianca fortemente impaurita ha trovato nel magnate la sua espressione più diretta.

Parliamo ora di Sanders, del senatore che la settimana scorsa era qui a Roma, e ha anche incontrato Papa Francesco. La sua stella è ormai tramontata? La Clinton ha la nomination in tasca?

Ormai la Clinton, salvo avvenimenti incredibili, ha la nomina in tasca: può contare su un numero di delegati alla convention nazionale  ormai vicino alla maggioranza. Ci sono ancora dei grossi Stati, come Pennsylvania e California, che possono dare quello che manca per arrivare alla convenzione di luglio con la maggioranza in tasca. Il problema è un altro.

Quale?

La Clinton non potrà ignorare le ragioni del successo di Sanders, e i temi da lui sollevati. Infatti, già fin da ora, ha assorbito alcuni temi, come quello del welfare, o della distanza tra ricchi e poveri. E dovrà farlo ancora di più nella campagna elettorale dopo l'estate, per arrivare davvero alla Casa Bianca, e anche se verrà eletta presidente, come è probabile. Sanders è riuscito a sollevare, a mettere all'ordine del giorno, temi che, nella politica americana, sono stati a lungo molto marginali e di nicchia.

Passiamo ora al campo repubblicano. Come è messo Trump?

I casi sono due. O arriva alla convention di luglio con la maggioranza dei delegati – 1.300 circa – nel qual caso la convenzione è sostanzialmente chiusa, oppure avrà certo il maggior numero di voti ma non la maggioranza: allora ci possono essere sorprese. Possono iniziare operazioni che potrebbero mettere in dubbio la sua nomina, anche se a me pare molto difficile che dopo un successo simile possa non essere il candidato ufficiale repubblicano.

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