L'analisi del giornalista americano e docente alla Colombia University Alexander Stille
Il magnate repubblicano Donald Trump ha registrato un'altra vittoria nelle primarie in Carolina del Sud, mentre Hillary Clinton ha solidificato la sua posizione sconfiggendo Bernie Sanders nei caucus in Nevada. Sono i più recenti 'test' nella corsa (ancora all'inizio) verso la nomina dei candidati alle presidenziali americane di novembre, in cui un passo decisivo sarà il 'super martedì' del primo marzo.
Difficile prevedere come andranno le cose, mentre in Europa prevale lo sconcerto per il successo di Trump nonostante i suoi 'strilli', le gaffe e i controversi affondi. "Per gli italiani, i tratti della sua campagna sono abbastanza riconoscibili. Trump gioca delle carte che ha sempre giocato Silvio Berlusconi", dice Alexander Stille, giornalista americano e docente alla Colombia University di New York. Secondo Stille, il Grand Old Party "sta diventando un partito di estrema destra, molto più simile al Front National francese o alla Lega italiana che al partito di centrodestra che è stato nel suo recente passato".
Quanto conta la vittoria di Hillary Clinton nelle primarie in Nevada, dove ha ottenuto il 52,6% battendo Bernie Sanders con il 47,4%?
Anche se non è una vittoria clamorosa, è molto importante per Clinton. Una sconfitta l'avrebbe fatta apparire molto vulnerabile e avrebbe dato l'impressione che Sanders fosse diventato una specie di 'rullo compressore' in grado di schiacciarla. Questa vittoria ha ristabilito un senso di normalità.
In che senso dice 'normalità'?
Lo scenario che tutti avevano previsto in campo democratico era che Clinton fosse il candidato più forte e che il suo percorso fosse 'tranquillo'. Il partito democratico è al potere con un presidente molto popolare e Clinton, essendo stata segretaria di Stato di Obama, avrebbe potuto ereditarne i voti. Invece è emerso il fenomeno Sanders, che ha captato qualcosa che pochi avevano previsto: un senso di frustrazione e di rabbia, ma anche di speranza tra i più giovani, la voglia di un cambiamento profondo… Il timore era che Sanders diventasse l'Obama del 2016: che come lui passasse da candidato poco probabile a vincitore. La vittoria in Nevada ha ribadito invece che una campagna ben organizzata e finanziata, secondo le vecchie regole, ha la meglio.
Uno scenario che si rifletterà nella prossima tappa democratica in South Carolina?
Clinton è molto forte nello Stato ed è avanti nei sondaggi, mentre Sanders è quasi sconosciuto all'elettorato prevalentemente afroamericano. Lei rappresenta la continuità rassicurante, è nota e quindi gode di vantaggio. E' ovviamente presto per dire che ce l'ha fatta, ma è ben piazzata in vista delle prossime settimane.
Perché a molte donne democratiche Clinton piace poco?
In parte è una questione generazionale: le giovani condividono molte preoccupazioni dei loro coetanei maschi, sono ciniche verso la politica e hanno avuto meno esperienza di discriminazione sessuale. A loro, Clinton sembra parte dell'establishment politico che ha dominato il partito negli ultimi 20-25 anni, mentre Sanders, seppur più anziano, rappresenta un punto di rottura. Per molte donne sopra i 40-50 anni la svolta sarebbe invece una donna alla presidenza.
Il ritiro di Jeb Bush avrà conseguenze per i repubblicani?
Dovrebbe facilitare Rubio, maggior minaccia per Trump. C'è una buona possibilità che una parte degli elettori di Bush si sposti verso Rubio, mentre molti grandi donatori, senatori e governatori repubblicani appoggeranno Rubio perché non sopportano Cruz o hanno paura di Trump. Assisteremo a un grande sforzo a favore di Rubio, che potrà diventare così il candidato dell'establishment repubblicana. Se vogliono un candidato più eleggibile e manovrabile, il candidato naturale è lui.
E la candidatura di Trump, con queste vittorie, è probabile?
Lo diventa sempre di più a ogni vittoria. Questo è un anno strano e imprevedibile: la forza durevole di Trump era imprevista, così come lo era la voglia di rottura nell'elettorato, soprattutto in quello repubblicano. I motivi per cui si credeva che Trump sarebbe scomparso, come l'inconsistenza di molte posizioni e le sue gaffe, si sono rivelati inesatti. I suoi elettori sanno che è imperfetto, ma apprezzano che sia un candidato di rottura, imprevedibile, che non ha paura.
Neanche del Papa, che lo ha definito "non cristiano" per la sua volontà di costruire muri come quello al confine del Messico?
In un certo senso, Trump ha cercato la polemica con il Papa perché essa rafforza l'idea che i suoi elettori hanno di un candidato che può sfidare qualsiasi autorità senza cambiare idea. Ieri ha di nuovo detto che il muro al confine con il Messico si farà: ha scelto i suoi temi e va avanti con essi.
Su che cosa punta Trump?
Per un italiano, i tratti della sua campagna sono riconoscibili. Trump gioca la carta che ha sempre giocato Silvio Berlusconi: a furia di ripetere 'io sono il vincitore e vinco sempre', questo diventa vero. Come l'ex premier, è rafforzato dal presentarsi come uomo straricco che ostenta totale sicurezza e riesce a dominare i media senza pagare per la pubblicità, e dal non essere un politico di professione. Un altro punto comune è il non interesse ai dettagli della politica e ai programmi, che vengono dopo.
Che cosa vogliono sentirsi dire gli elettori americani?
In campo repubblicano, il tema principale è che gli Usa sono sull'orlo del disastro, sopravvissuti a 7 anni di amministrazione disastrosa e fallimentare, con il rischio di perdere la loro identità. Lo trovo incredibile, pensando alla prestazione economica degli Stati Uniti sotto Obama, ben al di là della norma dei Paesi industrializzati. I democratici, in un Paese sempre più polarizzato, si sono spostati più a sinistra di quanto ci si aspettasse. Anche loro sono stufi della politica di routine: vogliono un presidente che cerchi di rompere questo assetto. In questo senso, elettori democratici e repubblicani vogliono entrambi un cambiamento, ma in modo diverso.
Dall'Europa vediamo una campagna elettorale concentrata su Trump e poco altro. E' una visione deformata?
Il fenomeno Trump ha distratto l'attenzione: mentre lui sembra un'anomalia totale, i suoi concorrenti per paura di perdere si sono sono spostati verso le sue posizioni. Così il Gop sta diventando un partito di estrema destra molto più simile al Front National francese o alla Lega italiana che al partito di centrodestra che è stato nel suo recente passato. Gli altri candidati repubblicani sembrano più moderati di Trump solo perché si esprimono in modo più pacato, ma in realtà hanno posizioni spaventose. Se Rubio emergerà, sarà un candidato molto più a destra nel passato recente. E Cruz è molto, molto più a destra di Rubio.
Obama aiuterà Clinton?
Lo ha già fatto nelle ultime settimane: quando era in difficoltà, senza sbilanciarsi troppo e con abilità ha fatto capire di appoggiarla. Tradizionalmente un presidente in carica non sostiene apertamente un candidato nelle primarie del suo partito, ma lui con gesti e mezze frasi ha reso chiara la sua preferenza, pur parlando anche bene di Sanders. Clinton è il candidato più adatto a consolidare la sua eredità.
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