Parigi (Francia), 9 dic. (LaPresse/EFE) – Saïd Mohamed-Aggad, padre del terzo kamikaze del Bataclan identificato oggi, Foued Mohamed-Aggad, ha detto che se avesse saputo che il figlio avrebbe commesso qualcosa del genere lo avrebbe ucciso lui stesso prima. “Che essere umano può fare quello che ha fatto lui?”, ha detto l’uomo in dichiarazioni riportate dal quotidiano francese Le Parisien. Foued Mohamed-Aggad, 23 anni e originario di Strasburgo, è stato identificato grazie alla madre, che ha avvertito subito la polizia non appena qualche giorno fa ha ricevuto un sms da un numero siriano in cui le si comunicava che il figlio era morto come “martire a Parigi” lo scorso 13 novembre. L’ultima volta che Saïd ha avuto notizie del figlio, spiega lui stesso, è stato quattro o cinque mesi fa tramite Skype: “Come sempre non diceva niente delle sue giornate, di dove era o di cosa faceva. Rispondeva solo che stava bene, parlava spesso della jihad”.

L’uomo dice di avere appreso dai media che Foued era stato identificato come uno dei terroristi del Bataclan e confessa di “non avere visto arrivare” l’accaduto”. Saïd sapeva che il figlio si era radicalizzato, ma ammette che nei suoi peggiori incubi aveva pensato che “sarebbe morto in Siria o in Iraq, non che sarebbe tornato per fare questo”. Foued Mohamed-Aggad, 23 anni, originario di Strasburgo, si era recato in Siria a fine 2013 con il fratello Karim, di 25 anni, e altri otto giovani. Di questo gruppo, due fratelli erano morti quasi subito in Siria, mentre tutti gli altri tranne Foued Mohamed-Aggad erano rientrati in Francia a febbraio e marzo 2014 ed erano stati fermati. “Ci ha mentito facendoci credere che andava in vacanza”, ha raccontato il padre, aggiungendo di avere poi progressivamente perso i contatti con il figlio, finché questi sono diventati praticamente inesistenti.

Foued Mohamed-Aggad “aveva smesso di essere lui. La persona con cui parlavo era un’altra. Qualcuno a cui hanno tolto il cervello”, ha detto il padre. Foued viveva con la madre, e Saïd afferma di avere assistito impotente al cambiamento del figlio e che si attendeva l’annuncio della sua morte quando ha saputo che, del gruppo di giovani che erano stati in Siria, era l’unico a non essere tornato. L’uomo confessa che “avrebbe preferito che morisse lì piuttosto che qui” e dice che niente nella sua infanzia poteva portare a pensare che potesse finire così. “È nato e cresciuto qui ed è stato scolarizzato in Francia”, era un bambino “tranquillo”, ricorda il padre, aggiungendo che quando ha cominciato a radicalizzarsi si è fatto crescere la barba e ha cominciato a pregare. “Ma da qui a immaginare quello che sarebbe accaduto dopo…sinceramente non l’abbiamo visto arrivare”, ha concluso.

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