Di Elena Fois
Roma, 25 lug. (LaPresse) – Avere un rifugio adeguato, tornare a scuola e avere accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e all’assistenza sanitaria. A tre mesi dal terremoto che ha colpito il Nepal il 25 aprile – e che ha ucciso quasi 9mila persone – sono questi i desideri espressi dai bambini, raccolti in un’indagine realizzata da Unicef, Plan International, Save the Children e World Vision sulle condizioni dei minori nelle zone colpite dal sisma.
UN MILIONE DI BAMBINI A RISCHIO. Sebbene la situazione umanitaria sia migliorata, centinaia di migliaia di bambini hanno ancora bisogno di aiuto per soddisfare i bisogni primari e sono almeno un milione – come riferisce l’indagine – quelli che continuano a vivere nelle aree più esposte a rischio di frane e inondazioni. Con la stagione delle piogge, l’accesso a queste zone sta diventando sempre più difficile, mettendo i più piccoli in condizioni di ancora maggiore difficoltà.
“Decine di migliaia di bambini vivono in abitazioni non idonee per resistere ai monsoni”, sottolinea Lucia Withers, esperto della divisione Humanitarian di Save the Children e autrice del rapporto. “Nonostante gli enormi sforzi che facciamo per aiutare le comunità colpite – aggiunge – stiamo correndo contro il tempo per cercare di proteggere i bambini dalle intemperie e dalle malattie”.
Dal terremoto del 25 aprile – seguito poi dalla forte scossa del 12 maggio – più di 10.000 minori sono stati identificati come fortemente malnutriti. Tra questi oltre 1.000 sono colpiti da malnutrizione acuta grave, oltre 200 sono rimasti senza un genitore o qualcuno che si prenda cura di loro, più di 600 hanno perso almeno uno o entrambi i genitori. Oltre 32.000 edifici scolastici sono stati distrutti. Circa 900.000 case sono state danneggiate o distrutte.
ONU: GRANDE EMERGENZA UMANITARIA. Ma la situazione in Nepal non è preoccupante solo per i bambini. L’ufficio per il coordinamento degli Affari internazionali delle Nazioni unite (Ocha) ha definito più che mai “urgente” proseguire con l’assistenza umanitaria per tutte le fasce della popolazione. “Avere un riparo sicuro, cibo, acqua, servizi igienici e assistenza medica e psicologica – spiega Eri Kaneko, portavoce dell’Ocha – è ancora una priorità”.
RIDUZIONE POVERTA’ A RISCHIO. Il terremoto, oltre ai danni materiali, spiega Tomoo Hozumi, rappresentante Unicef in Nepal, “ha mostrato la fragilità dei progressi del paese in termini di riduzione della povertà”. Nei momenti di crisi, infatti, rileva l’organizzazione, le famiglie più povere reagiscono riducendo il consumo di cibo, tagliando le spese in ambito sanitario e di istruzione e mandando i propri figli a lavorare. Tutto questo, dice ancora il rappresentante dell’Unicef in Nepal, “potrebbe avere conseguenze irreversibili, nel lungo periodo, sui bambini e il loro sviluppo. Il supporto economico aiuterà le famiglie vulnerabili a soddisfare almeno alcuni dei bisogni di base, come cibo e medicine senza ricorrere ulteriormente a reazioni errate”.
CRESCE RISCHIO ABUSI SULLE DONNE. L’emergenza umanitaria del post terremoto ha anche aumentato il rischio per la sicurezza delle donne nel Paese. Secondo un’indagine condotta da Oxfam nel distretto di Dhading, nella parte centrale del Nepal, sono sempre di più le donne e le adolescenti che hanno paura di subire abusi fisici e sessuali. Moltissime sono infatti costrette a vivere in rifugi temporanei sovraffollati e promiscui, con toilette comuni e privi di luce elettrica. A questo quadro, si aggiungono inoltre le difficoltà di accesso a servizi sanitari e acqua potabile che stanno incrementando i rischi per la salute, soprattutto per le donne incinte.
La situazione è ancora peggiore per le donne sole, divorziate o rimaste vedove che, non avendo più alcun legame all’interno delle proprie comunità, non riescono da sole a ricostruirsi dei rifugi permanenti e soprattutto indipendenti. Inoltre per loro è estremamente difficile avere accesso a prestiti e indennità senza la garanzia di un uomo. La UN Women, l’organismo dell’Onu per l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne, stima che ci siano 318.000 famiglie guidate da donne sole nei 13 distretti maggiormente colpiti del Nepal.
Per questo motivo Oxfam ha organizzato 21 focus group nei distretti di Dhading e Gorkha, che hanno coinvolto quasi 600 donne, per garantire che i loro bisogni siano ascoltati e posti al centro della risposta umanitaria post-terremoto. A questo proposito, Oxfam ha distribuito kit igienici per le donne, ha installato toilette femminili e ha realizzato trasmissioni radiofoniche per dare consigli sull’igiene personale ed evitare così il rischio di diffusione di malattie.
I CONTRIBUTI PER L’ASSISTENZA. A rendere la gestione del problema umanitario ancora più problematica, sono anche le risorse economiche limitate a disposizione delle agenzie dell’Onu e delle organizzazioni attive in Nepal. Come ricorda Kanecho (Ocha), è stato loro assegnato soltanto il 50% dei 422 milioni di dollari richiesti finora a scopo umanitario. Dei circa 220 milioni a disposizione, l’Unicef ne ha destinati 15 a 330.000 famiglie con 450.000 bambini, in 19 distretti tra i più colpiti dal terremoto. Questo supporto, canalizzato attraverso programmi governativi di assistenza sociale, è destinato ai più vulnerabili compresi i bambini Dalit, le persone con disabilità, le vedove, gli anziani e i gruppi etnici più ai margini.

