Roma, 21 ago. (LaPresse) – Grazie all’analisi del dna, genetisti italiani hanno dimostrato che almeno 4 migrazioni hanno portato al primo popolamento del Nuovo Mondo: gruppi distinti sono penetrati nel continente americano dalla Beringia, dall’Alaska e dalla Siberia. Si spiegano così le diversità linguistiche e culturali ancora oggi riscontrabile nei Nativi Americani.

Lo studio è stato pubblicato in un articolo intitolato ‘Reconciling Migration Models to the Americas with the Variation of North American Native Mitogenomes’ (http://www.pnas.org/site/highlights/highlights.xhtml) sulla rivista Pnas (Proceeding National Academy of Science) Usa (http://www.pnas.org/). Ricercatori delle Università di Pavia e Perugia gettano così nuova luce sull’origine degli Indiani d’America e la loro estrema diversità linguistica e culturale dimostrando che i loro antenati arrivarono in Nord America in una serie di eventi migratori – almeno quattro – più numerosi e più scaglionati nel tempo di quanto finora ipotizzato. La prima di queste migrazioni fu di gran lunga la più rilevante e seguendo la costa del Pacifico, dalla Beringia in poche migliaia di anni raggiunse la parte meridionale del Sud America. Le altre non si spinsero così a Sud, ma ebbero un ruolo rilevante nella formazione del patrimonio genetico di una serie di popolazioni della parte settentrionale del Nord America, in particolare degli Algonchini, dei Na-Dene e degli Eschimesi.

Negli ultimi dieci anni si è risvegliato l’interesse per lo studio dell’origine delle popolazioni umane, in particolare dei Nativi Americani. Il popolamento iniziale del Nord America a partire dall’Asia nord-orientale cominciò approssimativamente 15-18mila anni fa, nonostante le stime temporali basate sulla diversità genetica dei primi abitanti rimangano in parte controverse. I primi uomini arrivarono in Nord America dall’Asia attraverso un corridoio di terra chiamato Beringia, che connetteva la Siberia orientale e l’Alaska. Grazie a questo nuovo studio genetico si è compreso che il numero di ondate migratorie giunte in America, talvolta anche seguendo rotte diverse, è maggiore di quanto finora ipotizzato. Questi diversi flussi migratori aiutano a spiegare la grande diversità linguistico-culturale dei Nativi del Nord America.

In questo lavoro, un gruppo di ricerca coordinato dai professori Alessandro Achilli (Università di Perugia) e Antonio Torroni (Università di Pavia) che coinvolge anche alcuni ricercatori statunitensi e canadesi, ha svolto analisi dettagliate su alcune particolare linee del genoma mitocondriale finora scarsamente studiate. Grazie alle caratteristiche di eredità uniche di questo genoma, che viene trasmesso per sola via materna, si è compreso che oltre alla ormai ben nota espansione dalla Beringia lungo la costa del Pacifico, in concomitanza o poco dopo, un secondo gruppo umano, sempre dalla Beringia, sarebbe penetrato nel Nord America attraverso il corridoio di terra che, a seguito del miglioramento delle condizioni climatiche, andava aprendosi ad est delle Montagne Rocciose tra i ghiacciai canadesi.

“Questa seconda ondata migratoria”, dice Alessandro Achilli dell’Università di Perugia, “ebbe un’espansione geografica molto più limitata e un ruolo genetico importante solo nella formazione di una serie di popolazioni native dell’Alaska, del Canada e degli Stati Uniti settentrionali, in particolare degli Algonchini e dei Na-Dene”.

“Circa 5mila anni fa”, aggiunge Antonio Torroni dell’Università di Pavia, “ci fu una terza espansione, in questo caso dall’Alaska, che contribui alla formazione degli Eschimesi e, mescolandosi con i discendenti delle due migrazioni precedenti, a modificare ulteriormente il patrimonio genetico dei Na-Dene”. Infine, commenta Achilli, “altri flussi migratori ancor più recenti provenienti dall’estremità orientale della Siberia portarono ulteriori linee mitocondriali tra gli Eschimesi moderni”.

Gli studiosi ritengono che il numero di genomi mitocondriali trasmigrati dall’Asia al Nord America possa in realtà essere ancora più elevato. “Ulteriori linee materne oggi sconosciute saranno identificate nei prossimi tre o quattro anni, quando l’approccio metodologico che noi abbiamo impiegato in questo studio sarà applicato sistematicamente”, dice Torroni. Solo in questo modo sarà possibile descrivere con precisione gli scenari migratori che portarono al popolamento delle Americhe e alla diversità linguistica e culturale ancora oggi riscontrabile nei Nativi Americani.

I ricercatori coinvolti nello studio provengono dall’Università di Pavia, l’Università di Perugia, la Sorenson Molecular Genealogy Foundation (Salt Lake City), University of Illinois Urbana-Champaign, Florida International University, Université de Montréal e Canadian Museum of Civilization, Gatineau, Quebec. La ricerca è stata finanziata dalla Sorenson Molecular Genealogy Foundation, dalla National Science Foundation e dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur): Progetti Futuro in Ricerca 2008 e Progetti Ricerca Interesse Nazionale 2009.

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