Tunisi (Tunisia), 26 lug. (LaPresse/AP) – I maggiori sindacati della Tunisia sono pronti a bloccare le istituzioni pubbliche, i trasporti e le attività commerciali con uno sciopero generale convocato per oggi in seguito all’omicidio di uno dei leader dell’opposizione, Mohammed Brahmi, del partito di sinistra Corrente popolare. E si temono violenze e disordini, dopo che ieri sono scoppiate manifestazioni anti-governative spontanee in tutto il Paese per chiedere le dimissioni del governo. I sostenitori di Brahmi puntano infatti il dito contro il partito islamico Ennahda per l’omicidio.
ENNAHDA: SIAMO SCONVOLTI. Tuttavia, il leader del partito di governo, Rachid Ghannouchi, si è detto “profondamente scioccato” dall’assassinio, giunto in un momento in cui il Paese ha bisogno di stabilità per completare la nuova Costituzione e la transizione politica. “La Tunisia – ha affermato – si stava preparando per completare gli sforzi mirati a concludere la transizione”. Ghannouchi ha aggiunto che la Tunisia “era l’unica candela ancora accesa”, un riferimento agli altri Paesi arabi che si erano rivolti contro le dittature e da allora sono sprofondati nell’instabilità politica. “I nemici – ha proseguito il leader di Ennahda – vogliono spegnere questa candela per coinvolgere la Tunisia nei problemi riscontrati in altri Paesi della primavera araba”.
POSTICIPATI FUNERALI. Intanto, Corrente popolare fa sapere che i funerali di Brahmi, previsti inizialmente per oggi, sono stati posticipati. Ad Associated Presshanno spiegato che la decisione è stata presa per il timore di disordini in una giornata che si preannuncia già difficile.
BAN KI-MOON: NON FERMARE PROCESSO DEMOCRATICO. Condanne per l’omicidio di Brahmi sono arrivate da tutto il mondo. Anche dal numero uno delle Nazioni unite. “Questo atroce atto – ha detto il segretario generale Ban Ki-moon – non deve permettere di far deragliare il progresso che la Tunisia continua a compiere nella sua transizione democratica, anche rispetto alla Costituzione, e nell’andare incontro alle aspirazioni sociali ed economiche del popolo tunisino”.
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