Vienna (Austria), 30 mag. (LaPresse/AP) – Si riuniscono domani a Vienna i ministri dei dodici Paesi membri dell’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio). Il summit si annuncia difficile. Sul tavolo molti temi, dai livelli di produzione del petrolio, all’aumento della produzione degli Usa, fino a questioni più politiche, come la nomina del nuovo segretario generale.

LIVELLI PRODUZIONE. I ministri dovrebbero mantenere l’obiettivo a 30 milioni di barili al giorno. Tuttavia, ci potrebbe essere un tentativo di tagliare la sovrapproduzione, che ora è di circa 500mila barili al giorno. Al suo arrivo nella capitale austriaca martedì, il ministro del Petrolio saudita, Ali Naimi, ha descritto lo status quo come “l’ambiente migliore per il mercato”. Secondo gli analisti della Commerzbank di Francoforte, si tratta di un chiaro segnale che si saranno pochi o nessun cambiamento nelle politiche in questo senso. “È difficile – si legge in una nota di Commerzbank – che l’incontro dell’Opec di venerdì porti a un cambiamento nella politica di produzione”.

IL PETROLIO DI SCISTO DEGLI USA. Ma l’Organizzazione affronterà anche altre questioni delicate. Come un possibile scontro tra Arabia Saudita e Iran, e l’aumento della produzione di petrolio di scisto negli Usa. Quest’ultimo ha un impatto sull’Opec e sui Paesi che rimangono il mercato principale dell’Organizzazone. Il petrolio ricavato dallo scisto, estratto dalle rocce utilizzando il calore, ha contribuito a elevare la produzione totale degli Usa fino a 7,4 milioni di barili al giorno questo mese. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, questo tipo di produzione potrebbe raggiungere i 9 milioni di barili al giorno entro il 2018, il che potrebbe voler dire autosufficienza per gli Usa e minore dipendenza dall’importazione dall’Opec. In ogni caso, l’Organizzazione continuerà a giocare un ruolo di primo piano nella fornitura di greggio, visto che i suoi Paesi membri producono circa un terzo del petrolio mondiale.

SCONTRO IRAN-ARABIA SAUDITA. Il confronto tra i Paesi membri si gioca anche sui prezzi del petrolio. La maggiore potenza del gruppo, l’Arabia Saudita, e i suoi partner del Golfo hanno la forza per abbassare i prezzi. Naimi, il ministro saudita, di recente ha affermato che non bisogna temere nuovi rifornimenti perché “c’è abbastanza domanda”. Altri, come Iran, Venezuela e alcuni produttori africani, non sono però d’accordo, sostenendo di aver bisogno di mantenere il prezzo sopra ai 100 dollari al barile. Divisioni esistono anche sulle linee politiche. L’Iran sta perdendo centinaia di migliaia di barili al giorno di vendite, a causa dell’embargo internazionale legato al suo programma nucleare. E Teheran, così come il Venezuela, è contrario al fatto che l’Arabia Saudita abbia tentato di colmare il vuoto lasciato dalla sovrapproduzione. Intanto, il ministro del Petrolio di Caracas, Rafael Ramirez, punta il dito contro quei Paesi che producono al di sopra delle proprie quote per “motivi geopolitici”, una apparente allusione ad Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti.

LA NOMINA DEL SEGRETARIO. Le rivalità tra Iran e Arabia Saudita stanno inoltre continuando a ostacolare la nomina del nuovo segretario generale dell’Organizzazione. L’Iran ha avanzato il nome di Gholam-Hossein Nozari, ex ministro del Patrolio, mentre l’Arabia proporrà come suo candidato il veterano dell’Opec Majid El-Munif. L’attuale segretario, il libico Abdullah Al-Badry, ha già esteso di diverse volte il suo mandato, in attesa di arrivare a una soluzione. Se nessuna nazione darà segno di voler ritirare il proprio candidato, l’attenzione potrebbe concentrarsi sull’iracheno Thamir Ghadhban come possibile compromesso. Ma ogni decisione potrebbe essere rinviata a un futuro incontro.

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