Buenos Aires (Argentina), 13 dic. (LaPresse/AP) – C’è forte indignazione in Argentina per il verdetto, emesso ieri, del processo contro 13 persone accusate della scomparsa di Maria de los Angeles ‘Marita’ Veron, che avrebbero rapito e costretto a prostituirsi per clienti ‘vip’ circa dieci anni fa. L’assoluzione degli imputati, per mancanza di prove concrete, ha infatti causato forti proteste in tutto il Paese sudamericano, con manifestazioni di piazza e con la richiesta da parte di vari leader politici di denunciare i tre giudici che hanno formulato il verdetto. Gli avvocati della donna hanno già fatto sapere che ricorreranno in appello. La decisione del tribunale è vita da molti come un passo indietro nella lotta contro il traffico di esseri umani a scopi sessuali in Argentina, iniziata quando Susana Trimarco, la madre della ragazza scomparsa, intraprese indagini personali per trovare la figlia.
Le sue ricerche portarono alla luce una fitta rete di criminalità organizzata che gestiva veri e propri bordelli in tutto il Paese, con la complicità delle autorità. Il ministro della Sicurezza, Nilda Garre, ha definito il verdetto di ieri “un tremendo schiaffo in faccia a chi vuole giustizia”. Ha poi aggiunto: “Non si tratta soltanto di una marcia indietro nel caso di Marita Veron, che ha fatto capire alla società il profondo dramma della schiavitù nel XXI secolo coperta per decenni dai costumi di una cultura machista. Il verdetto rende anche invisibili le sofferenze patite dalle vittime delle reti del traffico di esseri umani a fini di prostituzione, che nel processo hanno fatto coraggiose testimonianze”, ha aggiunto il ministro. “Il verdetto ha sancito l’impunità giudiziaria per questi crimini”, ha constatato ancora il ministro.
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