Il Cairo (Egitto), 18 set. (LaPresse/AP) – Non si ferma la rabbia anti-Usa scoppiata in seguito alla diffusione del film ‘Innocence on Muslims’. A una settimana dall’assalto di Bengasi, costato la vita all’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens, proseguono le proteste in diversi Paesi, ma anche gli appelli di al-Qaeda a condurre nuovi attacchi con obiettivi statunitensi. Inoltre nelle prime ore della mattina, un attentato nei pressi dell’aeroporto internazionale di Kabul, costato la vita a 12 persone, è stato rivendicato come vendetta contro il lungometraggio da un gruppo militante locale.

AL-QAEDA INVITA A NUOVI ATTACCHI. Come fatto da al-Qaeda nella penisola arabica alcuni giorni fa, oggi è stata al-Qaeda nel Maghreb islamico a chiedere ai fedeli musulmani di organizzare attacchi a diplomatici statunitensi e intensificare le proteste. Il gruppo ha elogiato in una nota l’uccisione di Stevens e ha minacciato di lanciare assalti in Algeria, Tunisia, Marocco e Mauritania. Nel comunicato, inoltre, il gruppo condanna gli Stati Uniti poiché “da dieci anni stanno mentendo ai musulmani, dicendo che la loro guerra è contro il terrorismo e non contro l’islam”. La formazione ha quindi invitato i musulmani ad abbattere le bandiere americane nelle ambasciate, e a uccidere o espellere i diplomatici statunitensi per “purificare la nostra terra dalla loro sporcizia come vendetta per l’onore del profeta”.

STRAGE A KABUL. Legato alle proteste di questi giorni sembra anche l’attentato di questa mattina vicino a Kabul, dove un’auto carica di esplosivo si è lanciata contro un minibus che trasportava lavoratori sudafricani, dipendenti di una compagnia di aviazione sudafricana, con base al Rand Airport di Johannesburg. Otto di loro sono morti, assieme a quattro cittadini afghani. L’azione è stata rivendicata dal gruppo militante Hizb-i-Islami, il quale ha inoltre riferito che l’attentatore era una ragazza di 22 anni, di nome Fatima. Notizia su cui le autorità locali stanno ancora indagando.

INDONESIA, MANIFESTANTI CHIEDONO PENA DI MORTE. Continuano inoltre le manifestazioni. Questa mattina, per contestare il film, circa 200 persone hanno protestato davanti al consolato degli Stati Uniti a Medan, la terza più grande città dell’Indonesia, e un centinaio a Makassar, nel centro del Paese. I dimostranti hanno bruciato una bandiera a stelle e strisce, dato fuoco ad alcuni pneumatici, e chiesto agli Usa di punire con la pena di morte l’autore del film. Alcuni partecipanti alla protesta, che appartengono a diversi gruppi islamisti, hanno portato striscioni con la scritta ‘America vai al diavolo’, mentre altri hanno calpestato decine di bandiere di carta.

PROTESTE PACIFICHE A BANGKOK. In Thailandia, invece, circa 400 persone hanno protestato pacificamente davanti all’ambasciata degli Stati Uniti di Bangkok, controllati da 700 agenti. I dimostranti hanno portato striscioni con le scritte ‘Amiamo il profeta Maometto’ e ‘Basta con insulti alla nostra religione’, e hanno inneggiato ‘Abbasso America’ e ‘Abasso Israele’. Uno dei leader della contestazione, Sa-id Sulaiman Husseini, ha affermato che il mondo potrebbe diventare “un mare di fuoco” se il governo statunitense non fermerà la distribuzione del film.

NEGOZI CHIUSI IN KASHMIR. Contestazioni si sono tenute anche in Kashmir, territorio al confine tra Pakistan e India, e rivendicato da Islamabad. Qui, in seguito a uno sciopero convocato da un’alleanza di gruppi religiosi musulmani, negozi e uffici commerciali della città di Srinagar sono rimasti chiusi. Diversi manifestanti hanno bruciato bandiere statunitensi e un pupazzo che rappresentava il presidente Barack Obama. La polizia ha risposto alla marcia con gas lacrimogeni e manganelli per disperdere la folla.

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