Pechino (Cina), 27 apr. (LaPresse/AP) – Chen Guangcheng, attivista cinese cieco dall’infanzia, è fuggito dagli arresti domiciliari a cui era stato condannato 18 mesi fa e che stava scontando nella casa di Dongshigu, nella provincia di Shandong. Come spiegano alcuni attivisti, la fuga è avvenuta domenica. He Peirong, che ha guidato una campagna per la liberazione di Chen, ha riferito di averlo portato in “un posto relativamente tranquillo” e, secondo Bob Fu, attivista del Texas a capo della China Aid Association, “è al cento per cento in un posto sicuro” a Pechino. In mattinata il sito di dissidenti Boxun, con sede negli Stati Uniti, ha diffuso un suo video di 15 minuti, pubblicato anche su Youtube.

LA DETENZIONE. Chen, avvocato autoditatta, ha scontato in passato quattro anni di carcere per la sua campagna contro aborti forzati e sterilizzazione. Rilasciato a settembre 2010, da allora si trovava ai domiciliari. In questi anni il suo villaggio è stato trasformato in una specie di prigione, anche se le autorità non avevano il diritto di confinarlo. Nella casa dell’attivista sono state installate videocamere di sorveglianza e intorno al villaggio allestiti posti di blocco. Residenti locali, pagati per allontanare persone in arrivo da fuori, hanno più volte lanciato pietre a giornalisti stranieri, avvocati e attivisti per i diritti, tra cui l’attore britannico Christian Bale. È successo più volte che le forze di sicurezza arrivassero alla casa di Chen per picchiarlo.

LA CAMPAGNA DI SOSTEGNO. Sono mesi che He Peirong e altri attivisti si battono per mettere in risalto la situazione di Chen. Almeno 20 persone si sono recate nel villaggio di Dongshigu e decine hanno sostituito la propria foto del profilo dei social network con quella dell’attivista. Sembra inoltre poco probabile che Chen possa essere fuggito senza l’aiuto di sostenitori nel villaggio. “Ovviamente, qualcuno lo ha aiutato”, ha commentato Bob Fu, che assieme a He Peirong rimane in contatto con Chen. Quest’ultimo, a suo avviso, non vuole lasciare la Cina, ma “rimanere e lottare”. Gli attivisti garantiscono che le condizioni dell’avvocato sono buone. “Il suo stato mentale – ha riferito He – è abbastanza buono, è vivo, ma non so se sia al sicuro. Non c’è assolutamente nessuna garanzia sulla sua sicurezza”.

LA FUGA DA SHANDONG. Abbastanza macchinosa la dinamica della fuga, da quello che si è appreso finora. He Peirong, fermato dalla polizia in seguito alla fuga, avrebbe consegnato Chen a un altro attivista, il quale a sua volta ha telefonato a Bob Fu dicendo che sarebbe stato arrestato entro breve, ma assicurando che l’avvocato cieco è al sicuro. Non è chiaro perché gli attivisti abbiano portato Chen proprio a Pechino, la città con più forte presenza della polizia in Cina. La capitale è tuttavia sede di molte ambasciate straniere che possono offrire asilo.

LA CACCIA DELLE AUTORITA’. Dura le reazione delle autorità cinesi. Gli agenti di sicurezza stanno cercando l’attivista cieco dappertutto, ha spiegato ancora He Peirong, smentendo la notizia diffusa dal quotidiano Lianhe Zaobao, secondo cui Chen sarebbe entrato ieri sera nell’ambasciata degli Stati Uniti di Pechino. Dopo la notizia della fuga, la polizia ha perquisito ieri le case di Dongshigu. Zhang Jian, sindaco di una città vicina, ha guidato un gruppo di persone nella casa di un fratello di Chen. Il gruppo ha scavalcato il muro che circonda l’edificio e inseguito i familiari dell’avvocato. “Dopo aver scoperto che Chen era fuggito, Zhang Jian era furioso, la folla ha picchiato tutte le persone che si trovavano nella casa”, ha raccontato ancora He. L’attivista ha riferito che il nipote dell’avvocato, Chen Kegui, “ha preso un grande coltello per difendersi” e “ha colpito alcune persone, ferendole”. Successivamente Chen Kegui e il padre, Chen Guangfu, sono stati arrestati da agenti della polizia paramilitare armati di manganelli elettrici. Alcuni soldati hanno circondato la casa della famiglia e non permettono che il figlio di Chen Kegui, un bimbo di 6 anni malato, sia portato in ospedale.

ONLINE IN UN VIDEO. Nella mattinata rassicurazioni sulla salute di Chen sono giunta da un video pubblicato sul sito di notizie cinese con sede all’estero Boxun.com, e rilanciato su YouTube. “Ora sono libero. Ma le mie preoccupazioni non sono ancora finite”, dice nel filmato l’attivista. “La mia fuga – spiega – potrebbe scatenare una violenta vendetta nei confronti della mia famiglia”. Chen condanna quindi il trattamento riservato a lui e ai familiari, elencando per nome funzionari del Partito comunista locale. L’avvocato autodidatta chiede poi al primo ministro Wen Jiabao di punire i responsabili. “Tra novanta e cento persone tra cui leader del partito, poliziotti e civili – prosegue – sono coinvolti nelle persecuzioni della mia famiglia. Perciò chiedo a lei, premier Wen, di aprire un’indagine sul caso”.

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