Sanaa (Yemen), 23 nov. (LaPresse/AP) – Zine El-Abidine Ben Ali in Tunisia. Hosni Mubarak in Egitto. Muammar Gheddafi in Libia. E ora, dopo 33 anni di potere in Yemen, anche Ali Abdullah Saleh. Dopo dieci mesi di violenze e scontri sanguinosi, il presidente yemenita potrebbe essere il quarto capo di Stato dell’area mediorientale a perdere il potere in seguito alle sommosse popolari. Saleh si è infatti recato oggi in Arabia Saudita per firmare l’accordo di transizione sostenuto dal Consiglio di cooperazione del Golfo. Il piano prevede la sua immunità in cambio del trasferimento del potere nelle mani del suo attuale vice, Abed Rabbo Mansour Hadi, entro trenta giorni, ed elezioni presidenziali anticipate entro novanta giorni. La firma dell’intesa era stata rimandata dal presidente in più occasioni e questo aveva fatto sì che gli scontri interni al Paese proseguissero con sempre maggiore violenza.
La cerimonia della firma, avvenuta alla presenza del re saudita Adbuallah, è stata trasmessa in diretta dall’emittente di Stato saudita. Il sorridente Saleh, seduto accanto a re Abdullah, ha firmato quattro copie dell’accordo e ha applaudito brevemente. Saleh ha promesso che collaborerà pienamente con il nuovo governo di unità nazionale, quindi si è soffermato sul costo della rivolta nel Paese, ma non ha menzionato le richieste dei manifestanti che chiedevano le sue dimissioni. Ha invece definito le proteste come un “colpo di Stato” e l’attacco al suo palazzo di giugno scorso, in cui lui stesso era rimasto gravemente ustionato, come “uno scandalo”. “Questo disaccordo – ha dichiarato – è durato 10 mesi e ha avuto un grande impatto sullo Yemen per quanto riguarda sia la cultura e lo sviluppo sia la politica. Ha portato a una minaccia per l’unità nazionale e distrutto quello che era stato costruito nel passato”. Infine, Saleh ha annunciato che il suo partito, attualmente al potere in Yemen, sarà tra i “principali membri” del nuovo governo di unità nazionale. Secondo il piano, il governo sarà formato anche dai partiti dell’opposizione, che hanno a loro volta sottoscritto l’accordo mediato dai Paesi del Golfo.
Fredda la reazione degli oppositori del regime. “Si sono accordati. Sono affari loro. Per noi, la rivoluzione continua in piazza”, ha detto uno degli organizzatori delle proteste antigovernative, Walid al-Ammar. L’obiettivo dei manifestanti, ha spiegato al-Ammar, non è solo far crollare il regime di Saleh, ma anche eliminare la corruzione tra i membri del governo. “Se vedremo che il sistema corrotto è stato battuto – ha aggiunto – accoglieremo questo cambiamento con favore, ma non basta sostituire una persona corrotta con un’altra”.
Secondo quanto riferisce il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon, Saleh dovrebbe ora recarsi a New York per sottoporsi a cure mediche. Ban Ki-moon, che non ha precisato quando Saleh arriverà negli Usa, ha detto di aver parlato con lui al telefono e di volerlo incontrare. La notizia della firma dell’accordo è stata ben accolta a livello internazionale. Da Washington, Barack Obama fa sapere che gli Stati Uniti saranno al fianco della popolazione yemenita durante “questa storica transizione”, affinché riesca a realizzare le sue aspirazioni per un nuovo inizio, e riconoscono “l’importante lavoro” fatto dagli alleati del Golfo. Soddisfazione anche da Catherine Ashton, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea. “L’accordo – ha dichiarato in una nota – è solo l’inizio, ma è un inizio molto importante. Dà alla popolazione yemenita la speranza necessaria che il Paese possa cambiare pagina e abbracciare un nuovo futuro”.
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