In crescita dello 0,6% nel 2025. E’ questa la stima sul Pil messa a punto da Bankitalia nell’aggiornamento delle proiezioni macro-economiche di dicembre. Stessa crescita prevista per il 2026, in salita a +0,8% nel 2027, fino al +0,9% nel 2028.
L’inflazione segna un aumento dell’1,7% nel 2025, dell’1,4% nel 2026, dell’1,6% nel 2027 e dell’1,9% nel 2028.
La Banca d’Italia ricorda che la metodologia utilizzata (condivisa a livello di Eurosistema) elabora stime su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Senza questa correzione il Pil registrerebbe una crescita dello 0,5% nel 2025, dello 0,7% nel 2026, dello 0,8% nel 2027 e dello 0,7% nel 2028.
Crescita spinta dai consumi
“La crescita del Pil è sospinta dall’espansione dei consumi, favorita dall’aumento del reddito disponibile reale, e degli investimenti, che beneficiano delle misure del Pnrr – viene spiegato – le vendite all’estero risentono dell’inasprimento delle politiche commerciali nel biennio 2025-26 e tornano a crescere in linea con la domanda estera nel biennio successivo”. Le proiezioni “sono basate sulle informazioni disponibili al 26 novembre per la formulazione delle ipotesi tecniche e al 2 dicembre per i dati congiunturali”.
“Lo scenario tiene conto dell’evoluzione delle politiche commerciali negli ultimi mesi e della conseguente riduzione dell’incertezza, che proseguirebbe nel prossimo biennio – mette in evidenza – si ipotizza che l’inasprimento dei dazi rispetto ai livelli del 2024 contribuisca a un marcato rallentamento del commercio mondiale nel prossimo anno. Sulla base dei contratti futures i prezzi del petrolio e del gas naturale diminuirebbero lievemente nel corso del triennio 2026-2028″.
Stabilizzazione dei costi per le famiglie nel 2026
“I costi di finanziamento per imprese e famiglie si stabilizzano nel 2026 e aumentano lievemente verso la fine dell’orizzonte di previsione – viene rilevato – il quadro di previsione tiene conto delle informazioni sulla politica di bilancio desumibili dal Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) e dal Documento programmatico di bilancio (Dpb). Nello scenario si ipotizza che l’entrata in vigore della normativa Ets2 venga posticipata di un anno, al 2028, coerentemente con quanto proposto dal Consiglio europeo lo scorso 5 novembre. Si stima che la crescita del prodotto, pari allo 0,1% nel terzo trimestre, si rafforzi leggermente a partire dal trimestre in corso, sospinta dalla domanda interna. In media d’anno il Pil si espande dello 0,6% nel 2025 e nel 2026, dello 0,8% nel 2027 e dello 0,9% nel 2028. Rispetto alle proiezioni dello scorso ottobre, queste stime sono riviste marginalmente al rialzo nel 2027, soprattutto per effetto di una crescita dei consumi lievemente maggiore, anche per l’inflazione contenuta”.
I prezzi in aumento
I prezzi al consumo registreranno un aumento dell’1,7% nel 2025, dell’1,4% nel 2026 e accelereranno all’1,6% nel 2027 e all’1,9% nel 2028.
“L’incremento dell’inflazione nell’ultimo anno dell’orizzonte previsivo – si osserva – è riconducibile agli effetti dell’entrata in vigore del nuovo sistema di scambio di quote di emissione di inquinanti e di gas a effetto serra nell’Unione europea (Ets 2). L’inflazione al netto delle componenti energetica e alimentare, pari all’1,9% quest’anno, scenderebbe all’1,6% nel 2026 per stabilizzarsi su tale valore nel biennio successivo”. Rispetto alle previsioni di ottobre, le stime di inflazione sono inferiori di 0,1 punti percentuali nel 2026 e di 0,3 nel 2027 per lo slittamento di un anno dell’entrata in vigore della normativa Ets 2.
“L’inflazione – conclude – potrebbe risentire di pressioni al ribasso connesse con un deterioramento della domanda aggregata, di un maggiore apprezzamento del tasso di cambio e degli effetti sui prezzi all’importazione di un riorientamento verso l’Europa dei flussi commerciali di beni a basso costo prodotti dalle economie asiatiche. Verso la fine dell’orizzonte previsivo, permangono incertezze circa gli effetti della normativa Ets 2. In direzione opposta, le tensioni commerciali e geopolitiche potrebbero dar luogo a rincari delle materie prime e strozzature nelle catene di fornitura globali, riflettendosi in un’inflazione più elevata”.

