L’economia sommersa cresce di quasi 15 miliardi in un anno. La rilevazione è dell’Istat parla sia di sommersa che di economia illegale nel 2023.
L’economia nascosta oltre i 217 miliardi
L’economia nascosta sarebbe – secondo l’Istituto di statistica – “l’economia non osservata”; si attesta a “oltre 217 miliardi nel 2023, al 10,2% l’incidenza sul Pil”. Cresce di 15,1 miliardi segnando un aumento del 7,5% rispetto al 2022 (+7,2% la crescita del Pil corrente). Nel 2023 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali, si è attestato a 217,5 miliardi di euro (l’anno prima era a 202,4 miliardi, sempre in crescita rispetto all’anno prima ancora). L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil, cresciuto a prezzi correnti del 7,2%, è lievemente aumentata al 10,2%, dal 10,1% del 2022. L’economia sommersa (ovvero al netto delle attività illegali) si attesta a poco meno di 198 miliardi di euro, in crescita di 14,9 miliardi rispetto all’anno precedente, mentre le attività illegali sfiorano i 20 miliardi.
In aumento il lavoro irregolare
La dinamica complessiva dell’economia non osservata – prosegue l’Istat – è stata guidata dalla crescita delle sue principali componenti. Rispetto all’anno precedente, il valore aggiunto dovuto alla sotto-dichiarazione ha registrato un incremento del 6,6% (pari a +6,7 miliardi di euro), mentre quello generato da lavoro irregolare ha segnato una crescita dell’11,3% (corrispondenti a +7,8 miliardi). Contenuto, invece, il contributo delle altre componenti del sommerso: mance e fitti non dichiarati hanno registrato un aumento del 3,8% (pari a +0,5 miliardi) rispetto al 2022, mentre le attività illegali sono aumentate dellÆ1,0% (circa +0,2 miliardi).
L’economia non osservata – spiega l’Istat – è costituita dalle attività produttive di mercato che sfuggono all’osservazione diretta e comprende, essenzialmente, l’economia sommersa e quella illegale. Le principali componenti dell’economia sommersa sono costituite dal valore aggiunto occultato tramite comunicazioni intenzionalmente errate del fatturato e dei costi (sotto-dichiarazione) o generato attraverso l’impiego di lavoro irregolare. Ad esso si aggiunge il valore dei fitti non dichiarati, delle mance e un’ulteriore integrazione che emerge dalla riconciliazione tra le stime degli aggregati dell’offerta e della domanda. Quest’ultima contiene, in proporzione non identificabile, effetti collegabili a fenomeni di carattere puramente statistico ed elementi ascrivibili a componenti del sommerso non completamente colte attraverso le consuete procedure di stima.
L’economia illegale include sia le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibiti dalla legge, sia quelle che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati. In accordo con i regolamenti comunitari, le attività illegali incluse nel Pil dei Paesi Ue sono la produzione e il commercio di stupefacenti, i servizi di prostituzione e il contrabbando di tabacco.
In diminuzione l’illegalità
La dinamica più sostenuta del valore aggiunto da lavoro irregolare rispetto alle altre componenti – prosegue l’Istat -ha determinato una lieve ricomposizione del loro peso relativo all’interno del complesso dell’economia non osservata. In particolare, l’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare si è portata al 35,5%, raggiungendo quanto osservato nel 2021 (35,6%) e recuperando 1,2 punti percentuali rispetto al 2022 (34,3%). Di converso, il peso del valore aggiunto da sotto-dichiarazione è sceso nel 2023 al 49,7% dal 50,1% del 2022 (era 49,3% nel 2021). Le altre componenti del sommerso hanno contribuito per il 5,6% al complesso dell’economia non osservata (5,8% nel 2022 e 5,2% nel 2021).
Continua il progressivo ridimensionamento dell’impatto dell’economia illegale. Nel 2023 si è attestata al 9,2%, 1,3 punti percentuali al di sotto del livello del 2020 (quando era al 10,5%), 0,6 punti in meno di quanto registrato nel 2022 (quando era pari al 9,8%).