Il fisco e gli italiani, un rapporto difficile, complicato quantomeno. Tanto che quasi metà degli italiani non versa un euro di Irpef e più di 7 persone su 10 dichiarano redditi fino a 29mila euro, sborsando quindi poco più del 23% dell’imposta. Questo quanto emerge dall’ultimo Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef realizzato dal Centro studi e ricerche ‘Itinerari previdenziali’ con il sostegno di Cida (Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità) presentato nel corso di un convegno alla Camera.
In 31 milioni per il 23% di Irpef
Su 42,6 milioni di contribuenti – prosegue l’Osservatorio – sono 11,6 milioni quelli che pagano il 76,87% di Irpef mentre i restanti 31 milioni, pari al 72,59%, dichiarano redditi fino 29mila euro e pagano solo il 23,13% del totale dell’imposta.
“La fotografia di un Paese in cui in realtà sono pochi a pagare per tutti – si fa presente – non siamo un Paese ‘strozzato’ dalle tasse ma un Paese in cui il peso del fisco è concentrato su una minoranza di contribuenti“.
Le tasse le paga una persona ogni 1,386
Dalla rielaborazione dei dati del ministero dell’Economia e delle finanze e dell’Agenzia delle Entrate emerge infatti che nel 2024 su una popolazione di 58.997.201 cittadini residenti sono stati 42.570.078 a presentare una dichiarazione dei redditi. A versare almeno 1 euro di Irpef, però, sono solo 33.540.428 residenti, vale a dire poco più della metà degli italiani; a ogni contribuente corrispondono quindi 1,386 abitanti.
“Dati – rileva l’Osservatorio – che non sembrano riflettere la narrazione di una popolazione oppressa dalle tasse, ancora di più se incrociati con quelli relativi all’effettiva ripartizione del carico fiscale: su 42,6 milioni di dichiaranti, poi, il 76,87% dell’intera Irpef è pagato da circa 11,6 milioni di milioni di contribuenti, mentre i restanti 31 milioni ne pagano solo il 23,13%”. Ne emerge – avverte Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche ‘Itinerari previdenziali’ – “una fotografia più vicina a quella di un Paese povero che di uno Stato membro del G7 e che parrebbe oltretutto poco veritiera guardando a consumi e abitudini di spesa degli italiani”.
Il welfare a carico di 7 milioni di contribuenti
“Poco più di 7 milioni di contribuenti con redditi superiori ai 35mila euro – si spiega nella ricerca dell’Osservatorio – si fanno carico del finanziamento del welfare state“. Esaminando le dichiarazioni relative agli scaglioni di reddito più elevato, sopra i 100mila euro, l’Osservatorio rimarca che solo l’1,65% dei contribuenti (poco più di 700mila persone, meno degli abitanti della città di Torino) versano il 22,43% del totale Irpef. Sommando i 1.776.374 (il 4,17% del totale, paganti il 17,88% del totale delle imposte) titolari di redditi lordi da 55mila a 100mila euro, si ottiene che il 5,82% paga il 40,31% dell’Irpef. Includendo anche i redditi dai 35mila ai 55mila euro lordi, risulta pertanto che il 17,17% paga il 63,71% dell’imposta. Ricomprendendo infine lo scaglione 29mila-35mila euro, pari a 4,3 milioni di contribuenti autosufficienti per quanto riguarda il finanziamento del welfare, si ottiene che il 27,41% corrisponde il 76,87% dell’Irpef complessiva e, si suppone, una quota altrettanto rilevante delle altre imposte.
Il peso fiscale ricade su una minoranza
“Basta guardare questi numeri – dice Stefano Cuzzilla, presidente di Cida – per capire dove sta la verità: meno di un terzo dei contribuenti sostiene da solo oltre tre quarti dell’Irpef. È una sproporzione che non possiamo ignorare. Non è un sistema progressivo, ma un meccanismo che concentra il peso fiscale su una minoranza e lascia il resto del Paese sulle spalle di pochi. Chi guadagna dai 60mila euro in su, di fatto, finisce sempre per pagare per due: per sé e per chi resta totalmente a carico della collettività. È la trappola del ceto medio: molti ricevono senza dare, pochi danno senza ricevere. Ed è su questi pochi che regge l’intero welfare italiano. Quasi un cittadino su due non versa nemmeno un euro di Irpef, e così poco più di un quarto dei contribuenti si fa carico da solo di quasi l’80% dell’imposta. È come in una squadra di calcio: se solo tre giocatori corrono e gli altri otto guardano, non si vince nessuna partita. Questo squilibrio logora il ceto medio, scoraggia i giovani e mette a rischio il futuro del Paese. Per questo, alla vigilia della legge di Bilancio, chiediamo alla politica scelte coraggiose: meno evasione, più equità, investimenti veri su lavoro e salari“.
Il 43% non ha redditi
“Malgrado il miglioramento di Pil e occupazione il 43,15% degli italiani non ha redditi e, di conseguenza, vive a carico di qualcuno – dichiara ancora Brambilla – sono invece 1.184.272 i soggetti (in aumento di oltre 170mila unità sullo scorso anno) che denunciano un reddito nullo o negativo, non pagando quindi né tasse né contributi. Il totale dei redditi prodotti nel 2023 e dichiarati nel 2024 ai fini Irpef è ammontato a 1.028 miliardi, per un gettito Irpef generato – al netto di Tir e detrazioni – di 207,15 miliardi (di cui 185,58 miliardi, l’89,9%, di Irpef ordinaria): valore in aumento del 9,43% rispetto all’anno precedente. Crescono sia i dichiaranti (42.570.078, numero addirittura superiore a quello record del 2008) sia i contribuenti-versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di Irpef, che toccano quota 33.540.428. Mentre salgono sia i contribuenti con redditi compresi tra i 20 e i 29mila euro (9,7 milioni) sia quelli con redditi medio-alti dai 29mila euro in su, diminuiscono i dichiaranti per tutte le fasce di reddito fino a 20mila euro, che calano da 22,356 a 21,241 milioni”.
Tajani: “Troppo disequilibrio”
“Il tema di un fisco più giusto e sostenibile per cittadini e imprese è cruciale per lo sviluppo economico del nostro Paese – afferma il vicepremier Antonio Tajani – l’80% del gettito dell’Irpef grava sul ceto medio, un dato che ci deve far riflettere: è un chiaro disequilibrio se pensiamo che è sul ceto medio che gravano i costi di pensioni, sanità, assistenza e istruzione. Se vogliamo avere più risorse per infrastrutture, ricerca, sicurezza, serve un sistema fiscale più equilibrato“.
Leo: “Con prossima Manovra misure per ceto medio”
Ora – dice il viceministro all’Economia Maurizio Leo intervenendo con un videomessaggio – la prossima legge di Bilancio sarà importante per verificare – lo prometto sempre, sulla base delle risorse di cui potremmo disporre – misure a favore del ceto medio, rappresentato da soggetti nella fascia da 28mila a 50mila euro. Bisognerà vedere, se le risorse lo consentiranno, di ridurre l’aliquota dal 35 al 33%. Questo aiuterà in modo più significativo le fasce più deboli. Ma l’attenzione del governo sarà anche per famiglie e in particolare per le famiglie dove ci sono figli, e quindi lavorare sull’area delle detrazioni”, anche se diversamente dagli anni precedenti, “quando c’era più elasticità su queste misure, ora le regole di governance europea ci obbligano alla massima prudenza. Quindi vedremo quello che si potrà fare. Le priorità sono quelle evidenziate ma al tempo stesso dobbiamo essere rigorosi e molto attenti ai conti pubblici. Tutto questo ci ha premiato, è sotto gli occhi di tutti la riduzione dello spread, le agenzie rating hanno premiato il nostro comportamento virtuoso. Se riusciamo a rendere coerenti i meccanismi di finanza pubblica con degli sgravi fiscali misurati e calibrati facciamo un servizio importante per il nostro Paese”.