Tra Italia e Spagna ottimi rapporti, con le ambasciate che – al netto della situazione commerciale e geopolitica – puntano tutto sul mercato Ue.
“Sono più di 400 le aziende spagnole insediate in Italia che generano più di 77.000 posti di lavoro, di cui circa 38.500 sono posti di lavoro diretti – afferma il Consigliere Economico e Commerciale, dell’Ambasciata di Spagna in Italia, Pilar Merino Troncoso, in un’intervista a Relazioni internazionali di Tribuna politica ed economica – inoltre nel 2024 gli scambi di beni e servizi tra i due Paesi hanno superato i 77.000 milioni di euro. Per quanto riguarda gli scambi di merci, l’Italia è il terzo paese cliente della Spagna e il suo quarto fornitore. C’è da aggungere che più di 9.500 aziende esportano regolarmente dalla Spagna all’Italia e più di 15.300 importano prodotti dall’Italia in Spagna. Esiste quindi un rapporto molto importante tra le aziende di entrambi i Paesi”.
“Il rapporto economico-commerciale tra Italia e Spagna è tra i più solidi e integrati a livello europeo. Nel 2024, l’interscambio ha raggiunto la cifra record di 68,5 miliardi di euro, e nei primi tre mesi del 2025 è cresciuto dell’8,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – rileva Simona Battiloro, Capo dell’Ufficio Economico, Ambasciata d’Italia a Madrid, parlando sempre con Relazioni internazionali di Tribuna politica ed economica – le due economie si configurano come strutturalmente simmetriche: ciascuno dei due Paesi è il quarto cliente dell’altro. Il legame bilaterale si fonda su una complementarità produttiva consolidata, in particolare nei settori dei macchinari, dell’automotive, dell’agroalimentare e del farmaceutico, in cui le filiere industriali si integrano e generano valore condiviso”.
In particolare – osserva ancora Troncoso – “la Spagna si è posta l’obiettivo di far sì che almeno il 74% dell’elettricità provenga da energie rinnovabili entro il 2030 e il 100% di energia da fonti rinnovabili entro il 2050. Per questo motivo, la Spagna è molto attraente per gli investimenti nelle energie rinnovabili, così come l’Italia, il che spiega la presenza di un gran numero di aziende spagnole in questo settore”. Entrambi i Paesi “sono membri dell’Unione Europea e la stabilità del mercato interno favorisce la minimizzazione delle possibili incertezze derivanti dall’attuale contesto geoeconomico. Spagna e Italia si impegnano a negoziare la soluzione migliore e sostengono la Commissione nel suo sforzo negoziale. Così, la scorsa settimana, alla riunione ministeriale di Bruxelles, il ministro spagnolo Carlos Cuerpo ha difeso la continuità dello sforzo negoziale: ‘Dobbiamo intensificare gli sforzi nelle prossime settimane per poter raggiungere lo scenario che è il più vantaggioso per tutti’. Questa incertezza si ripercuote sulle aziende, in quanto la maggior parte delle aziende ritiene che le tensioni geopolitiche e l’inasprimento della politica commerciale possano avere un impatto sulla loro attività nel breve termine. Il governo spagnolo è fiducioso che i negoziati si terranno e che accordi importanti per le aziende di entrambi i Paesi come l’accordo tra l’Unione Europea e il Mercosur saranno presto ratificati”.
La Spagna – dice Battiloro – è oggi “il secondo Paese al mondo per stock di investimenti italiani all’estero: vi operano circa duemila imprese italiane, con investimenti cumulati che superano i 48 miliardi di euro e che hanno contribuito alla creazione di circa 107mila posti di lavoro, tra diretti e indiretti. I settori più attrattivi per gli investitori italiani includono: energia, ingegneria civile, commercio, finanza e assicurazioni, editoria, trasformazione alimentare, immobiliare, media, chimica, farmaceutica e automotive”. Quanto ai dazi – conclude Battiloro – ” possono spingere le aziende italiane a valorizzare ancora di più i mercati europei, privilegiando filiere e partner affidabili. Il mercato spagnolo, per esempio, vale già oltre la metà di quello statunitense in termini di export. In seguito ai dazi americani, è plausibile che alcune imprese rivedano le proprie strategie, concentrandosi sul mercato iberico, dove la quota italiana – attualmente al 7,6% – presenta ancora significativi margini di crescita”.