Incostituzionale il tetto di sei mensilità al risarcimento in caso di licenziamenti

Incostituzionale il tetto di sei mensilità al risarcimento in caso di licenziamenti

La sentenza della Corte Costituzionale riguarda le piccole imprese. Questo limite renderebbe l’indennità troppo esigua e non terrebbe conto di altri parametri tagliati sul lavoratore.

E’ incostituzionale il tetto di sei mensilità al risarcimento in caso di licenziamenti. Lo ha deciso la Corte Costituzionale che parla anche di “licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese”. La sentenza è la numero 118, depositata oggi, in riferimento all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo numero 23 del 2015 là dove stabilisce che, nel caso di licenziamenti illegittimi intimati da un datore di lavoro che non raggiunga determinati requisiti dimensionali l’ammontare delle indennità risarcitorie “non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità” dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio. Le caratteristiche di grandezza dell’azienda, in base allo Statuto dei lavoratori, sono che non occupi più di quindici lavoratori presso un’unità produttiva o nell’ambito di un Comune, e comunque non occupi più di sessanta dipendenti.

La Consulta ha anche ritenuto illegittimo il mancato riconoscimento del congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile.

Secondo la Corte, l’imposizione di un simile limite massimo, fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento – aggiungendosi alla previsione del dimezzamento degli importi indicati agli articoli 3, comma 1, 4, comma 1, e 6, comma 1, del citato decreto legislativo numero 23 del 2015 – fa sì che l’ammontare dell’indennità sia circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato, né da assicurare la funzione deterrente della stessa indennità nei confronti del datore di lavoro.

La Corte esprime l’auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti di imprese sotto soglia, in considerazione del fatto che, nella legislazione europea e in quella nazionale, sia pur inerente ad altri settori (come per esempio la crisi dell’impresa), il criterio del numero dei dipendenti non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.

“La sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il limite massimo di sei mensilità per l’indennizzo nei casi di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese – osserva Unimpresa – introduce un importante principio di tutela individuale, ma corre il rischio di produrre gravi conseguenze sull’equilibrio e sulla tenuta economica e occupazionale del sistema produttivo italiano. L’impatto potenziale è ampio e profondo: un’azienda con quattro dipendenti e un fatturato di 250mila euro annui, se condannata a pagare una indennità non più contenuta nel limite di sei mensilità, potrebbe trovarsi a versare 12-18 mensilità di retribuzione (in media 30mila-40mila euro) a fronte di un solo rapporto di lavoro, con la concreta possibilità di dover ricorrere a indebitamento, dismissioni o cessazione dell’attività”.+

Landini: “Era la richiesta del referendum, riaprire discussione”

Il pronunciamento della Consulta “è proprio su uno dei quesiti del referendum. Noi chiedevamo che venisse cancellato il tetto massimo di 6 mensilità di risarcimento per chi lavora nelle piccole imprese, sotto i 15 dipendenti, ed è licenziato ingiustamente, per cui tu sei licenziato ingiustamente però sei pagato 6 mensilità e vai fuori di qui. La Corte Costituzionale ha giudicato incostituzionale mantenere il tetto: è esattamente la richiesta che facevamo noi con il referendum”, ha detto il segretario della Cgil, Maurizio Landini, a margine del Giffoni Film Festival. “Dal nostro punto di vista questo pone la necessità di mettere al centro della discussione politica e sociale di questo Paese il lavoro e la condizione di vita e lavoro delle persone”, ha aggiunto.

Parlando dell’incontro che ha avuto con i giovani al Gff ha sottolineato che “l’invito che ho fatto ai giovani è non considerare la precarietà una condizione immodificabile. Non è vero, è frutto di una scelta che metta al centro il mercato e i profitti e non la persona”. “Con questo referendum – ha aggiunto – i giovani hanno dimostrato di credere ancora nella possibilità di partecipare e cambiare la condizione, questo dovrebbe far riflettere anche la mia generazione ha avuto la fortuna di non conoscere la precarietà”.

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