Per l’ex Ilva arriva un po’ d’ossigeno. E’ stata approvata l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per la produzione dell’acciaio di Taranto. L’annuncio è arrivato dal ministro per le Imprese e il made in Italy Adolfo Urso nel corso del Congresso della Cisl, che ha accolto con un fragoroso applauso la notizia.
“Mi è appena arrivato un messaggio: l’Aia per l’ex Ilva è stata rilasciata pochi minuti fa. Lo stabilimento di Taranto è salvo, la siderurgia in Italia è salva, la industrie continueranno ad avere l’acciaio“.
“Con il riesame dell’Aia rafforziamo il presidio ambientale su uno dei siti industriali più complessi del Paese – dichiara il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin – le prescrizioni previste dalla commissione assicurano il miglioramento delle performance ambientali, in coerenza con gli obiettivi di decarbonizzazione e con la necessaria tutela della salute dei cittadini”.
Ma all’Aia – viene spiegato dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – è mancato però il parere favorevole degli enti locali. La Conferenza dei servizi ha avuto esito positivo, con l’approvazione del parere istruttorio conclusivo da parte dell’autorità competente, e inserendo numerose prescrizioni ambientali. Anche se gli enti locali – Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Comune di Statte – hanno espresso parere contrario evidenziando, tra le motivazioni, la mancata sottoscrizione dell’accordo di Programma sul Piano di decarbonizzazione dell’impianto. “Il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – si fa presente – proseguirà il percorso istituzionale nel rispetto delle procedure previste, anche in relazione agli obiettivi di transizione industriale e ambientale del sito”.
Poco prima il ministro aveva spiegato che si tratta di “un’Aia provvisoria, ponte, prima che ci venga approvato dai Comuni il piano di decarbonizzazione. Stiamo aspettando. Abbiamo dato loro il tempo di consultare il Consiglio comunale, non possiamo imporre la nave rigassificatrice. Nel frattempo incombe la sentenza del tribunale di Milano che senza un’Aia chiuderebbe l’impianto. Con una ricaduta esplosiva, non solo a Taranto ma anche per le imprese del Nord”. Per il ministro si tratta di un’assunzione di responsabilità su un’autorizzazione che “consenta di evitare il collasso sociale“.
Restano quindi i nodi ambientali e sanitari, secondo Legambiente che – nella Conferenza dei servizi di oggi – chiede di mettere un punto e dire basta al carbone in 5 anni e che per la produzione dell’acciaio ci sia un nulla osta sanitario. In particolare per Legambiente la Conferenza dei servizi dovrebbe “esser sospesa in attesa della valutazione aggiornata dell’Istituto superiore di sanità (Iss), applicando il principio di precauzione”. Per l’associazione ambientalista bisogna esser “fuori dal carbone entro il 2030, non arrivare ai 6 milioni di tonnellate all’anno in assenza della documentazione, e subordinare la capacità produttiva immediata a nuove valutazioni dell’Iss che escludano rischi per la salute di cittadini e lavoratori”.
Legambiente ribadisce poi “la sua preoccupazione e contrarietà rispetto al procedimento di rilascio, ritenuto opaco e incapace di offrire le risposte necessarie in termini di tutela della salute pubblica, protezione ambientale e riconversione industriale“. Secondo Legambiente è “intollerabile la mancata pubblicazione ufficiale di documenti fondamentali del procedimento Aia, tra cui i pareri espressi dall’Iss e i pareri istruttori (Pic), spesso reperibili solo tramite canali non ufficiali o anticipazioni giornalistiche, limitando di fatto la possibilità di partecipazione pubblica”. Poi il “nodo cruciale che è la salute dei cittadini e dei lavoratori“. Dalle anticipazioni sul parere istruttorio conclusivo emerge che “la Valutazione di impatto sanitario presentata dall’azienda è incompleta e lacunosa e che l’Iss ha richiesto importanti integrazioni che Acciaierie d’Italia non avrebbe ancora trasmesso. Inaccettabile autorizzare una capacità produttiva di 6 milioni di tonnellate all’anno senza che l’Iss abbia espresso un parere positivo sulle integrazioni. L’unica ipotesi praticabile è quella di richiedere all’Iss un nuovo parere”.