Patto stabilità, con nuove regole stop a extradeficit e taglio cuneo a rischio

Per far quadrare il bilancio bisognerà tagliare le spese, o aumentare le entrate

Altro che tesoretti: con le nuove regole del Patto di stabilità e crescita approvate ieri nella manovra del prossimo anno, quella per il 2025, non si potrà più fare extradeficit per finanziare le misure di politica economica. Per intendersi, il governo non potrà ripetere quanto fatto quest’anno, quando è stato fatto nuovo debito per circa 16 miliardi per finanziare la conferma del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef per i redditi medio bassi. Non solo: dovrà anche lavorare all’aggiustamento dei conti. Il che significa che per far quadrare il bilancio bisognerà tagliare le spese, o aumentare le entrate, quindi verosilmente agendo sulla leva fiscale, vale a dire le tasse. O più probabilmente tutte e due le cose.

In primavera, verosimilmente, l’Ue aprirà una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, che sfora il tetto del 3% del rapporto debito/Pil (nella Nadef il governo ha indicato il 5,3% quest’anno, 4,3% nel 2024, 3,6% nel 2025 e 2,9% solo nel 2026). Siccome ha anche un debito superiore al 90% (140,2% nel 2023, 140,1% nel 2024, 139,9% nel 2025, 139,6% nel 2026) l’Italia dovrà però portarsi sotto l’1,5%, con uno sforzo annuo definito da un piano concordato con l’Ue sulla spesa primaria netta che prevede una riduzione dello 0,4% annuale in 4 anni, o dello 0,25% in sette anni, una dilazione su cui trattare alla luce di riforme e investimenti, tra cui quelli del Pnrr.

Lo sfioramento sarà possibile fino allo 0,3% dei piani concordati. Un bello sforzo per l’Italia, che però ne ha visti di più duri: nelle discussioni tra Bruxelles e Roma sulle leggi di bilancio dal 2015 al 2019, con letterine e richieste di correzioni, veniva chiesto un cambio di rotta annuale dello 0,6%. L’occasione per fare i conti sarà, ad aprile, il nuovo Documento di Economia e Finanza. Per il 2024 la Nadef di settembre prevedeva una crescita del 1,2%. Stima già ampiamente rivista al ribasso: due settimane fa l’Istat ha ipotizzato una crescita dello 0,7%, meno dello 0,9% visto dalla commissione europea a novembre. Addirittura ieri Prometeia ipotizzava un più modesto 0,4%.

Un bel grattacapo per il governo Meloni, che ha fatto del taglio del cuneo uno dei propri provvedimenti bandiera, al momento però finanziato solo il prossimo anno. Del resto, la stessa premier aveva osservato che “sarebbe bello rendere la misura strutturale, ma diventa difficile in questo preciso contesto quando non sappiamo ancora quali saranno le regole con le quali operiamo nei prossimi anni”.