L'esperto commenta a LaPresse le scelte del governo in materia previdenziale

“Già oggi è possibile andare in quiescenza con 41 anni di versamenti se si è iniziato a lavorare per almeno 12 mesi prima dei 19 anni in presenza delle condizioni previste per l’Ape sociale. questa idea di rendere strutturale quota 41 è una mania, sembra l’ostinazione a giocare questo numero a Lotto perché Salvini lo ha ricevuto in sogno da qualcuno”. Così Giuliano Cazzola, esperto di lavoro e previdenza, commenta a LaPresse gli scenari previdenziali alla luce delle scelte del governo.

“In realtà – aggiunge Cazzola – è una misura troppo generosa per gli attuali pensionandi (oggi e fino a tutto il 2026 si può andare in pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi se uomini, un anno in meno se donne). Ed è troppo severa per i pensionati di domani. Per un giovane – visti gli andamenti demografici, l’attesa di vita e l’ingresso nel mercato del lavoro – è molto più difficile mettere insieme un’anzianità contributiva importante che lavorare qualche anno in più. Come si fa a non capire che il lavoratore standard esce di scena anche da pensionato? Mi auguro che quota 41 non si verifichi in questa legislatura né mai.”, conclude Cazzola.

Pensioni, Cazzola: “Su fondo per flessibilità risorse sprecate”

“Vedo che il fantasma dello scalone è ancora in giro e che si sono allocati ben 3,5 miliardi, ma non è dato capire a cosa serviranno e come opererà il fondo per la flessibilità che dovrebbe prendere il posto dell’ape sociale e di opzione donna. A mio parere si tratta di risorse sprecate, piazzate lì ‘nella vigna a far da palo’ per ragioni politiche”, aggiunge Cazzola, per cui “Matteo Salvini – con la complicità di quelle fumerie d’oppio che sono i talk show – è riuscito a convincere gli italiani che con la riforma Fornero non sarebbero andati mai più in pensione. In realtà la riforma Fornero non è mai entrata pienamente in vigore salvo che per l’estensione a tutti – con modalità pro rata dal 1° gennaio 2012 – del calcolo contributivo”.

Pensioni, Cazzola: “Insensato favorire uscite anticipate con assegni ridotti”

“Non c’è solo un problema di sostenibilità finanziaria, ma anche di adeguatezza dei trattamenti. Rimango dell’opinione che sia sbagliato consentire – in via generale non in casi particolare di difficoltà – di andare prima in pensione con un trattamento più basso di quello a formula piena. Sarebbe una misura che contrasta con la realtà. Sarebbe insensato mandare il quiescenza degli anziani/giovani con un assegno ridotto magari intorno ai 60 anni di età per ritrovarseli ad 80 anni buoni solo per l’ospizio”, aggiunge inoltre Cazzola.

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