Ex Ilva, bloccate ditte appaltatrici: “sconcerto” del governo

Ex Ilva, bloccate ditte appaltatrici: “sconcerto” del governo
Ex Ilva di Taranto, proteste delle imprese dell’indotto

Sindacati e ministero delle Imprese e del Made in Italy in allarme dopo la decisione di Acciaierie d’Italia di sospendere gli ordini per 145 aziende

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy esprime sconcerto per la decisione di Acciaierie d’Italia di bloccare le imprese appaltanti dell’ex Ilva di Taranto. “Si aspettano già nella riunione del consiglio d’amministrazione di domani (martedì 15 novembre, ndr) concrete risposte per l’indotto e per i lavoratori, a fronte di una decisione che ha suscitato giustamente sconcerto, tanto più per le modalità con cui è stata annunciata, assolutamente inaccettabili”, fa sapere il ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il ministero riferisce di non essere stata messa al corrente nel corso degli ultimi incontri con l’azienda e nenache dall’azionista pubblica.

Al ministero – viene spiegato – “nulla era stato preannunciato dall’azienda negli incontri che lo stesso ministro aveva avuto nei giorni scorsi con ceo e presidente di Acciaierie d’Italia, così come con l’azionista pubblico, proprio al fine di affrontare le problematiche dell’azienda anche in riferimento alle risorse pubbliche già destinate e ai nuovi provvedimenti appena deliberati, come quelli inerenti le imprese gasifere, nel quadro di un programma che dia assoluta certezza sulla riconversione produttiva ed ecologica dell’azienda e quindi sul futuro della più grande acciaieria d’Europa”.

L’allarme dei sindacati: “Sospesi ordini per 145 ditte appaltatrici”

Dai sindacati è arrivato un appello unitario al Governo dopo che Acciaierie d’Italia ha sospeso gli ordini per 145 ditte appaltatrici a causa di “sopraggiunte e superiori circostanze sino al 16 gennaio 2023. Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil chiedono “un incontro urgente” per affrontare la “drammatica situazione produttiva e occupazionale” in cui versa la società e da cui dipende il destino di quasi 6mila lavoratori.

Per i segretari generali Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella è necessario “finalizzare l’azione di patrimonializzazione disposta con gli ultimi provvedimenti normativi del governo precedente”. Nella missiva ai ministri delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, del Lavoro Marina Calderone, e dell’Ambiente Gilberto Picchetto Fratin e all’ad di Invitalia Bernardo Mattarella, si dicono “convinti che l’avvio della nuova fase di governo debba vedere nel rilancio degli investimenti e delle produzioni, nel miglioramento delle prospettive occupazionali obiettivi prioritari e imprescindibili, stante anche il ruolo di azionista che lo Stato ricopre nella società”.

Fonti vicine al dossier, riferiscono che “tutti gli investimenti industriali e ambientali previsti nel piano di riorganizzazione sono confermati”. Ma a Taranto la preoccupazione è tangibile. “Il territorio sta affondando: vogliamo sapere quale sarà il nostro destino”, dicono i rappresentanti del Comitato indotto. “La scelta – dicono – è fra “il rilancio del sito o la rivoluzione, l’annullamento dell’esistente, la chiusura dello stabilimento, accompagnato dalla speranza che qualcos’altro nasca”. Se le risposte non arriveranno a giorni, si rischiano “situazioni in cui non regna più la ragione, ma la disperazione. La storia ci insegna che dove i percorsi virtuosi falliscono, irrompono le rivoluzioni”.

Ministro Urso: “Ex Ilva dossier strategico”

La prima risposta dopo l’appello è del ministro Urso, per il quale l’ex Ilva è un “dossier strategico”. “So che devo confrontarmi non solo con le questioni emerse dopo la decisione della proprietà, ma anche con l’importante problematica della siderurgia italiana”, ha sottolineato il ministro. “L’Ilva è la più grande acciaieria europea, abbiamo la necessità che torni a essere un elemento propulsivo del Paese. Col tempo realizzeremo un piano siderurgico nazionale, che tenga insieme siti produttivi e vocazioni”, non solo a Taranto, ma anche “a Terni e a Piombino”.

 


Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, resta in contatto con le parti sociali, dopo aver mandato un messaggio a Giorgia Meloni: “Fossi nel premier – ha avuto modo di dire in questi giorni – farei quello che nessuno ha avuto sinora il coraggio di fare, caccerei subito Arcelor Mittal a pedate, con la stessa eleganza con cui loro hanno trattato tutti i Governi dal 2017 ad oggi. Ogni potenza mondiale sta modificando le proprie strategie e priorità per garantire gli interessi nazionali”. Per il sindaco “Acciaierie d’Italia, purtroppo condotta da Arcelor Mittal, continua a infischiarsene di Taranto e dell’Italia. La si potrebbe considerare alla stregua di una permanente estorsione di Stato, manda all’aria consuetudini o regole delle relazioni industriali e internazionali. Mentre quelle morali l’ex Ilva le aveva già cestinate”.

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