Milano, 15 giu. (LaPresse) – I ricavi delle banche sono stabili a 82 miliardi di euro e gli utili in salita del 2%. Anche tramite interventi sui costi del personale scesi di 2,2 miliardi (-7,2%) da 30,7 a 28,5 miliardi. E con minori accantonamenti e svalutazioni relativi a crediti deteriorati per 6,4 miliardi (-33%). È questa la fotografia sui conti 2018 delle banche italiane realizzata da un rapporto della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), a pochi giorni dall’avvio del negoziato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro di 300mila bancari.
Secondo la Fabi, che ha elaborato dati della Banca d’Italia, nell’ultimo anno i costi delle banche sono scesi da 56,8 a 54,8 miliardi del 2017: la spending review è stata tutta carico dei lavoratori con interventi pari al 7,2%, da 30,7 miliardi a 28,5 miliardi. I costi del personale assorbono il 34,4% dei “ricavi” nel 2018 rispetto al 37,5% del 2017.
"Negli ultimi anni, i conti delle banche italiane si sono chiusi con importanti risultati, raggiunti, però, solo con riduzione degli npl e tagli ai costi. Finita la pulizia dei bilanci, svendendo le sofferenze, le banche proseguiranno a macinare utili solo sforbiciando le spese per il personale dirottando le risorse su consulenze e dividendi? Dai banchieri, mi aspetto nuove idee, strategie e progetti per allargare il business e aumentare i ricavi, che invece sono sostanzialmente fermi. Le lavoratrici e i lavoratori non vanno sacrificati a vantaggio della tecnologia", commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.
Sono proseguiti nel corso del 2018 gli interventi sul fronte dei costi: in totale, lo scorso anno le uscite sono state pari a 54,8 miliardi con una riduzione di 1,9 miliardi (-3,5%) rispetto ai 56,8 miliardi del 2017. I risparmi sono tutti a carico dei lavoratori: si osserva una marcata riduzione, infatti, sul fronte dei costi per il personale (dei quali la componente principale è rappresentata dagli stipendi): la sforbiciata è pari a 2,2 miliardi (-7,2%) da 30,7 miliardi del 2017 a 28,5 miliardi del 2018. Per quanto riguarda i primi 5 gruppi bancari del Paese, i costi totali sono scesi di 2,8 miliardi (-8%) da 25,1 miliardi a 32,3 miliardi; tra questi, le spese per il personale sono diminuite di 2,4 miliardi (-12,4%) da 19,7 miliardi a 17,3 miliardi.
Le sofferenze – afferma il sindacato – non sono più un problema per il settore bancario italiano: negli ultimi anni, infatti, sono crollate e sono sensibilmente cresciute le cosiddette coperture.
Rispetto al picco del 2015, quanto la massa di crediti deteriorati superò quota 350 miliardi e il tasso di copertura era al 45%, nel 2018, il totale dei prestiti rischiosi o in perdita è sceso sotto quota 200 miliardi. I l tasso di copertura è salito, invece, al 52,8%: si tratta di un valore assai più alto rispetto a quello delle più grandi banche europee. Nel 2018 i crediti deteriorati netti sono calati a 90 miliardi, con una riduzione di 40 miliardi rispetto al 2017: una discesa legata a significative operazioni di cessione di non performing loan (55 miliardi nel 2018, 42 miliardi nel 2017, 26 miliardi nel 20 16). Rispetto allo stock di finanziamenti, gli npl valgono il 4,3%, nel 2015 erano al 9,8%. Tale miglioramento, ha consentito alle banche di ridurre sensibilmente gli accantonamenti, liberando risorse in bilancio: le somme accantonate relative ai crediti deteriorati sono calate di 6,4 miliardi (- 33%) a 13 miliardi nel 2018 rispetto ai 19,4 miliardi del 2017).
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