"Lavoravamo dietro le quinte, cercavamo di prendere le tematiche e le posizioni politiche che Trump aveva e indirizzarle alle persone giuste"
"Abbiamo fatto qualche test, e abbiamo visto che in media riuscivamo a muovere un paio di punti percentuali verso Trump". A raccontarlo è Federica Nocera, data scientist di Cambridge Analytica: una dei quattro specialisti che hanno lavorato per il candidato combinando dati e creando modelli predittivi utili a indirizzare la comunicazione verso le fasce dell'elettorato più sensibili. Un'esperienza che oggi l'analista riassume così: "Lavoravamo dietro le quinte, cercavamo di prendere le tematiche e le posizioni politiche che Trump aveva e indirizzarle alle persone giuste". Considerato che l'attuale presidente ha vinto con un numero di voti inferiore rispetto alla sfidante, ma distribuito in modo più premiante rispetto alle regole elettorali, è evidente quanto il contributo del social marketing sia stato prezioso, soprattutto dove le preferenze erano in bilico. "Il candidato ha vinto le elezioni e ha avuto una grandissima popolarità. E' riuscito a comunicare con tantissime persone tramite i raduni, i social e la televisione. Noi abbiamo cercato di comunicare più con gli indecisi", sintetizza la ricercatrice, ospite a Torino di Sharing Italy, la due giorni di Intesa Sanpaolo dove LaPresse l'ha incontrata per porle alcune domande.
La prima riguarda la replicabilità in Italia di un'operazione del genere. Con una legge elettorale non ancora definita – e tutto quello che ne consegue in termini di definizione del quadro politico -, è facile pensare che un ricercatore qui si trovi a dover lavorare con meno tempo e più incognite. "Quello italiano è un panorama diverso", afferma Nocera, precisando però che "per la campagna di Trump abbiamo iniziato a lavorare solo dopo che lui è stato scelto come candidato ufficiale per il partito Repubblicano: quattro mesi prima delle elezioni. Quindi quello della tempistica non è un problema così grosso. Le persone non vogliono pensare alle elezioni con anni di anticipo". Il problema, piuttosto, potrebbe essere quello della reperibilità delle informazioni: "In Italia è diverso l'aspetto che riguarda la privacy: in America ci sono molti dati che si possono acquistare. In Europa la metodologia dovrebbe essere un po' diversa".
Quello politico non è l'unico ambito nel quale la data analysis può fare la differenza. A Sharing Italy, Nocera hai spiegato che "eleggere un presidente è simile a vendere un prodotto" e che "una campagna elettorale è molto simile a una startup". Nell'avvio di una startup, però, servono forti iniezioni di capitale. Quanto può essere sostenibile economicamente per una piccola impresa un buon utilizzo dell'analisi dati a fini di marketing? "La campagna presidenziale era su una scala diversa: molto capitale e un periodo molto breve, quindi era tutto concentrato. Sicuramente, però, anche le aziende italiane di piccola scala possono trovare delle efficienze utilizzando un modo di comunicare e un marketing più specifico, arrivando magari di più nella vita di tutti i giorni", risponde l'analista, aggiungendo un esempio alla portata di tutti: "Guardare i social è una cosa molto naturale, che quasi tutti noi facciamo".
Tanto più che gli stessi social, a livello tecnologico, offrono strumenti già sufficientemente raffinati da consentire di lavorare in modo efficace anche senza strutture enormi alle spalle. "Nel mio intervento ho parlato della piattaforma di Facebook per il marketing, che ha tanti tool utilizzabili anche con poca esperienza", conferma Nocera, segnalando comunque che non di sola tecnologia è fatto il suo lavoro. "Per creare i modelli predittivi certamente ci vuole anche un po' di esperienza, bisogna imparare come farlo. Attraverso le analisi si capisce che cosa funziona meglio: che tipo di dati e quali variabili possono influire di più". Un discorso che, a quanto pare, vale sul mercato come alla Casa Bianca.
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