C'è voluto il nuovo meccanismo di sospensione automatica per arginare il tracollo degli indici di Shanghai e Shenzhen

Il nuovo anno si apre con un debutto da incubo dei mercati finanziari di Europa e Stati Uniti, trascinati a fondo ancora dalla Cina. Wall Street ha segnato la peggiore apertura d'anno addirittura dal 1932. C'è voluto il nuovo meccanismo di sospensione automatica per arginare il tracollo degli indici di Shanghai e Shenzhen, che si sono fermati solo al picco negativo del -7% del listino comune Csi300. A pesare soprattutto il rallentamento della manifattura cinese, ma anche il timore per le tensioni in Medio Oriente e la possibilità che vengano nuovamente imposti limiti agli investitori, come già accaduto durante la crisi del Dragone di questa estate.

L'indice Pmi sulla manifattura della Cina ha indicato una contrazione dell'attività, scendendo a 48,2 punti dai 48,6 di novembre, sotto il 49 atteso dagli analisti. Si è trattato del decimo calo mensile di fila. L'onda lunga della deludente rilevazione, che si è abbattuta sull'economia del colosso asiatico – la cui Banca centrale ha fissato lo yuan ai minimi a 4 anni e mezzo per stimolare export e inflazione -, ha travolto i listini asiatici. A Tokyo l'indice Nikkei ha terminato le contrattazioni cedendo il 3,06%, mentre a Hong Kong l'Hang Seng ha perso il 2,7%, la maggiore flessione in tre mesi. Quest'anno "sarà una replica del 2015, con i rischi aggiuntivi", ha affermato Peter Dixon, economista di Commerzbank. "La storia economica globale – ha proseguito – si basa su fondamentali deboli, con la Cina che rallenta ulteriormente e le incertezze politiche che persistono nelle economie sviluppate".

Nonostante il Pmi manifatturiero dell'area euro, calcolato da Markit, abbia mostrato un aumento a 53,2 punti, da 52,8 e sopra i 53,1 previsti dal consensus, le Borse del vecchio continente non ce l'hanno fatta a reggere l'impatto dell'onda da oriente. Londra ha terminato in calo del 2,39%, Parigi è scesa del 2,47% a 4.522,45 e Madrid ha lasciato sul campo il 2,42%. Maglia nera per Francoforte, in flessione del 4,28%. In Italia il Ftse Mib, nel giorno del debutto di Ferrari, ha lasciato sul parterre il 3,2%. E pensare che l'indice sull'attività maniffaturiera del Belpaese ha mostrato i massimi addirittura dal marzo del 2011, salendo da 54,9 a 55,6 punti. Tuttavia un altro dato dal cuore dell'Europa lascia intendere che l'economia dell'eurozona è ancora convalescenza. L'inflazione della Germania, quella armonizzata a livello Ue, ha rallentato a dicembre al +0,2% annuo dal +0,3% di novembre. Il dato è al di sotto del +0,4% previsto e non farà dormire sonni tranquilli al presidente della Bce, Mario Draghi. Infatti il tasso sui depositi presso la Banca centrale sotto zero e gli acquisti di titoli per 60 miliardi di euro al mese sembrano, per ora, fare il solletico all'andamento dei prezzi e avere effetti salutari soprattutto sugli spread dei bond sovrani. C'è attesa dunque per il dato sull'inflazione dell'eurozona, che uscirà domani. Gli analisti si aspettano una lievissima accelerazione dei prezzi dell'area della moneta unica, al +0,3% annuo di dicembre dal +0,2% del mese precedente. L'analista di Capital Economics, Jennifer McKeown, ha spiegato che i dati confermano che "la Bce avrà bisogno di fare di più per raggiungere il suo obiettivo di inflazione" pari a un livello annuo inferiore ma vicino al 2%. Wall Street ha registrato la peggiore apertura annuale dal 1932, con l'indice Dow Jones che è scivolato fino a 450 punti, poco più del 2,5%, prima di riprendersi leggermente. Oltre al vento contrario di Pechino, gli Stati Uniti hanno incassato un indice Ism manifatturiero a dicembre in discesa da 48,6 a 48,2 punti, proprio nel mese in cui la Fed ha deciso il primo ritocco al rialzo dei tassi dal 2006. Il petrolio risale invece in area 37,6 per le crescenti tensioni tra Iran e Arabia Saudita.

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