E' ancora la Cina a far ballare i mercati globali. Questa mattina l'ennesima svalutazione dello yuan di 0,5 punti percentuali da parte della People's Bank of China ha gettato nel panico i mercati per il timore di una catena di svalutazioni competitive. Così, dopo appena 29 minuti di scambi, il 'Circuit Breaker', il meccanismo che interrompe gli scambi in automatico se i listini cedono il 7%, ha imposto lo stop agli indici di Shanghai e Shenzhen per la seconda volta da lunedì. A Tokyo il Nikkei ha reagito con un tonfo del 2,33%, che ha sancito il peggiore inizio d'anno solare dal 1995 per i mercati giapponesi. E a ruota il contagio è arrivato in Europa, con Milano che ha aperto con un rosso di quasi 3,5 punti percentuali.
Le autorità cinesi hanno quindi tentato di porre un argine alle turbolenze. La Banca centrale ha precisato di essere capace di mantenere lo yuan in "equilibrio ragionevole" contrastando "le forze che speculano", sottolineando che i timori per l'export cinese sono infondati. "Anche se la crescita delle esportazioni è diminuita nel 2015, la quota di export del Paese nel totale mondiale è nuovamente aumentata", ha spiegato in una nota.
Ma dopo l'apertura di Wall Street, anch'essa in pesante ribasso di oltre 1 punto, il regolatore di mercato cinese, la Csrc, ha deciso di intervenire sospendendo il meccanismo di stop automatico a partire da domani. "Attualmente, gli effetti negativi del meccanismo sono più grandi degli effetti positivi", ha detto un portavoce dell'Authority.
Secondo le nuove norme, se il listino Hushen 300, che riflette l'andamento delle blue chip di Shanghai e Shenzhen, si muove verso l'alto o verso il basso del 5% entro il primo pomeriggio c'è una sospensione di 15 minuti. Se la fluttuazione tocca il 7% alla ripresa delle contrattazioni, i mercati vengono chiusi per tutto il giorno.
Il sistema è entrato in vigore con il 2016, ma non sembra aver messo al riparo il Dragone dalle speculazioni. Per questo il regolatore ha annunciato questa mattina nuove restrizioni, che hanno efficacia dal 9 gennaio e che prevedono che non si possa vendere più dell'1% del capitale di una società quotata ogni tre mesi. Le vendite di grandi soci erano state già bloccate per sei mesi dopo il crollo estivo dei mercati cinesi.
Le nuove regole non sono piaciute agli investitori. "E' folle. I regolatori cinesi hanno imboccato questa via a luglio e ora non riescono più a uscirne. Stanno compromettendo ogni briciola di fiducia che gli investitori possono avere nel mercato", ha affermato Alberto Forchielli, fondatore di Mandarin Capital Partners.
Tuttavia le toppe messe dalle autorità cinesi, in particolare i 'Circuit Breaker', hanno aiutato il recupero dei mercati. Anche il petrolio, che l'Opec dava nel proprio paniere sotto i 30 dollari al barile, ai minimi dal 2004, è riuscito a risalire. Il Brent, da una perdita di oltre il 6% si è attestato al -0,4% nel tardo pomeriggio europeo. A proposito di Vecchio Continente, l'Ibex di Madrid ha terminato in calo di un punto e mezzo percentuale, il Cac40 di Parigi è sceso dell'1,72% e il Ftse100 di Londra ha perso l'1,96%. Per il Dax di Francoforte -2,29%. Milano ha recuperato nel finale di seduta più degli omologhi europei, con il Ftse Mib che ha terminato a -1,14%.