Roma, 30 lug. (LaPresse) – Un Paese “diviso e diseguale“, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%). È questa la fotografia che emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez ( Associazione per lo svIluppo dell’industria nel Mezzogiorno) sull’economia del Mezzogiorno 2015 presentato oggi. Nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133mila). Il Sud, invece, ne ha persi 45mila. Il numero degli occupati nel Mezzogiorno torna così a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni: è il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat. Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l’Unità d’Italia.
Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto la metà della Grecia. È quanto emerge dalle anticipazioni del rapporto: nello stesso periodo l’Italia è stato il Paese che è cresciuto meno di tutti i Paesi considerati: +20,6% rispetto al +37,3% dell’area euro a 18, addirittura meno della Grecia, che ha segnato +24% quale effetto della forte crescita negli anni pre-crisi, che è riuscita ad attenuare in parte il crollo successivo. Situazione decisamente più critica al Sud, che cresce del +13%, oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%).
Al Sud lavora solo una donna su cinque. Nel 2014, a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64% nell’Europa a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6 per cento. Ancora peggio, sottolinea Svimez, se si osserva l’occupazione delle giovani donne under 34: a fronte di una media italiana del 34% (in cui il centro-Nord arriva al 42,3%) e di una europea a 28 del 51%, il Sud si ferma al 20,8 per cento.
Crollo degli investimenti. Dal 2008 al 2014 gli investimenti nel Mezzogiorno sono crollati del 38%, mentre il calo nel Centro-Nord è stato pari al 27%, con una differenza di 11 punti percentuali. Anche nel 2014 gli investimenti fissi lordi hanno segnato una caduta maggiore al Sud rispetto al Centro-Nord: -4% rispetto a -3,1 per cento. A livello settoriale, spiega Svimez, si è registrato un crollo epocale al Sud degli investimenti dell’industria in senso stretto, ridottisi dal 2008 al 2014 addirittura del 59,3%, oltre tre volte in più rispetto al già pesante calo del Centro-Nord (-17,1%). Giù anche gli investimenti nelle costruzioni, con un calo cumulato del -47,4% al Sud e del -55,4% al Centro-Nord. Quasi allineata nella crisi la dinamica dei servizi collegati all’industria: -33% al Sud, -31% al Centro-Nord.
2 milioni di Neet al Sud Dal 2008 al 2014 gli under 34 hanno visto perdere in Italia oltre un milione e 900mila posti di lavoro, con un calo pari al 27%, di cui quasi il 32% al Sud. Inoltre in Italia sono 3 milioni e 512mila i giovani Neet, cioè coloro che non lavorano né studiano, in aumento di oltre il 25% rispetto al 2008. Tra i Neet, due milioni sono donne e quasi due milioni sono meridionali. “Si inizia a credere che studiare non paghi più, alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata”, sottolinea lo Svimez.
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