intervista di Maria Elena Ribezzo

Roma, 18 lug. (LaPresse) – La crisi greca s’è abbattuta sulla popolazione e in cinque anni le conseguenze sono state pesantissime: la perdita del 25% del Pil ha portato la disoccupazione al 23%, a più di 10 mila suicidi registrati e a un milione di emigrati, circa un cittadino su dieci.

Teodoro Andreadis Synghellakis, giornalista, autore del libro ‘La mia sinistra‘, in questa intervista a LaPresse denuncia “l’imposizione alla popolazione di ricette neoliberiste mai viste in altri Paesi europei, totalmente contrarie al modello sociale europeo”, e la firma di un accordo “improntato a una filosofia punitiva e repressiva per la popolazione”.

Uno dei nodi centrali è l’accesso alle cure, che sta virando verso modelli sempre più privatistici: per essere curati, bisogna essere assicurati. Più dell’assicurazione medica però, spesso, fa la solidarietà: “Molti direttori di ospedali si sono rifiutati di attuare in toto le nuove normative, dicendo che il dovere dei medici è prima di tutto offrire cure ed assistenza”. Negli ultimi anni alcuni istituti sono stati chiusi, molti accorpati; uno dei due ospedali per i Tumori di Atene, il Metaxa, è diventato un presidio.

Con il 30% di famiglie che vive al sotto della soglia di povertà, quanto sta diventando difficile curarsi per chi non è convenzionato?

Sta diventando un problema enorme: in base alla legislazione, dopo un anno senza lavoro non si ha accesso al sistema sanitario nazionale, eccetto che per delle prestazioni di emergenza. Con le riforme imposte in passato dalla Troika gli ospedali dovrebbero essere degli enti in attivo: dovrebbero cioè dare cure solo a chi le può pagare. Una posizione antitetica al welfare dello stato sociale europeo.

E’ vero che c’è un’emergenza farmaci anche all’interno degli istituti ospedalieri?

Sì, i medici denunciano che ci sono problemi di forniture di materiale per poter operare, anche di garze. Nelle ultime settimane si stanno riducendo le scorte dei farmaci. Il problema è che la crisi in generale ha creato una depressione della domanda, del potere di acquisto e dei diritti.

Nelle ultime due settimane, la crisi è sentita di più?

Assolutamente sì, le organizzazioni dei commercianti denunciano un calo del 70% degli acquisti negli ultimi giorni. Speriamo che con la riapertura graduale delle banche torni un certo grado di fiducia.

Quando le banche riapriranno, quale sarà la liquidità disponibile al giorno per i cittadini?

Potrebbe proseguire la limitazione dei 60 euro al giorno del prelievo. Se però non si preleva tutti i giorni, forse questi 60 euro saranno cumulabili. E’ complesso, perché in Grecia sta scadendo il termine per le dichiarazioni dei redditi. La prima rata si dovrebbe pagare a fine luglio e si capisce che non avendo accesso alla liquidità sarà molto difficile.

I prezzi non sono diminuiti quanto gli stipendi e le pensioni, che sono stati tagliati del 37% e del 47% in media. La gente non esce più?

I greci sono un popolo molto conviviale e difficilmente si rinuncia a uscire anche se solo per bere qualcosa con gli amici. Ci sono delle offerte: nei bar o nei ristoranti si può bere un bicchiere di vino a due o tre euro, molti greci hanno sostituito le cene fuori con un bicchiere in strada o nei locali.

Si è parlato di un aumento della violenza e della xenofobia come conseguenza della crisi. Quanto è pericolosa l’espansione dei nazionalismi che si sta conoscendo?

Dipende dall’Europa. Se non mostra di essere fedele ai suoi valori, si espanderanno. Il problema è che Alba Dorata (il partito neo-nazista, ndr) si presenta come un difensore della popolazione e non vuole sentir parlare di austerità. Sta all’Europa non fornirle nuovo ossigeno, aumentare la solidarietà sociale, anche fare capire alla gente che si può trovare un compromesso che permetta di tornare ai valori fondanti. Perché non si può approvare una moratoria per il debito della Grecia? Perché l’Europa non si può far carico del debito greco e poi farlo ripagare dalla Grecia in tempi e modi umani?

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