Torino, 19 feb. (LaPresse) – Allo stato attuale “è poco rosea” la prospettiva di competitività al 2030 per le principali aree urbane dell’Italia. È quanto afferma il Rapporto sulla Competitività delle Aree Urbane di Sinloc, in collaborazione con la Compagnia di San Paolo e la Fondazione Imu, e promosso da undici fondazioni di origine bancaria e due istituzioni territoriali.
Il quadro proiettivo circa la competitività delle principali città italiane al 2030, emerge dal rapporto, varia da “condizione neutra” (es. Venezia e Genova) a “declino” per Roma, Bologna, Firenze a vera e propria “debolezza strutturale” (Torino, Bari e Napoli). L’Italia si conferma “indebolita dal prolungato periodo di crisi con, se possibile, un’ulteriore accentuazione delle tradizionali differenze tra le macroaree settentrionali e meridionali del Paese”.
Il rapporto mostra la “complessiva tenuta” dei territori di media dimensione con una popolazione totale non superiore agli 800.000 abitanti e localizzati in gran parte nell’Italia nord-orientale che “sembrano i più resilienti alle difficoltà indotte dalla crisi economica”.
Nell’introdurre lo studio il presidente della Compagnia di San Paolo Luca Remmert, ha affermato che i dati “chiedono una riflessione di lungo termine che, tra l’altro, è proprio nelle corde di fondazioni come la nostra”. L’analisi sottolinea che il processo di invecchiamento della popolazione è rafforzato da flussi migratori in calo e da un processo di denatalità che ha raggiunto punte di minimo mai registrate in precedenza.
A gravare su alcune aree c’è anche il basso tasso di natalità fecondità con un maggior numero di donne senza figli, soprattutto nelle aree insulari e del mezzogiorno. La spirale negativa indotta dalla crisi economica si ripercuote sul mercato del lavoro – spesso colpendo in modo prolungato le fasce più giovani della popolazione – con un calo dei redditi e un’inevitabile caduta della domanda interna. Si tratta dunque di circoli viziosi che toccano sia la dimensione demografica, sia la dimensione socio-economica e che auto-alimentandosi, appaiono difficili da interrompere.
Per Antonio Rigon, amministratore delegato Sinloc, “la crisi degli ultimi anni ha reso ancora più evidenti le fragilità del Paese, come il processo di invecchiamento della popolazione, la denatalità e il declassamento dell’Italia come meta di opportunità, ma anche il gap infrastrutturale che dovrebbe accompagnare uno sviluppo economico robusto”. Il rapporto spiega tuttavia che è solo nelle città da cui un paese con la tradizione dell’Italia può pensare di ripartire per un futuro più creativo e dinamico.
“Non esistono soluzioni vincenti – ha aggiunto Rigon – e il rapporto sottolinea proprio come le aree urbane e i territori italiani siano sistemi complessi che necessitano di un mix equilibrato di risorse finanziarie, capitale umano, amministrazioni pubbliche efficienti e capacità di attivazione dei differenti stakeholder del territorio”.
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