Roma, 19 nov. (LaPresse) – Oltre 103 miliardi di aumenti netti d’imposta fra il 2001 e il 2012. In media, quasi 9 miliardi in più per ciascuno dei dodici anni trascorsi dall’inizio del terzo millennio. E’ questo il risultato che emerge da un’analisi delle manovre di finanza pubblica che si sono succedute nel nostro Paese dalla fine del 2000, basata su dati ufficiali, pubblicata oggi da Confesercenti. Un risultato – sottolinea l’organizzazione – che spiega altri due fenomeni. Il primo: un aumento di 204 miliardi del gettito complessivo registrato nello stesso periodo (dai 495 del 2000 ai 699 attesi per il 2012). Le maggiori entrate dovute alle manovre rappresentano oltre la metà dell’aumento complessivo. Il secondo: un aumento della pressione fiscale di 3,4 punti (dal 41,3% del 2000 al 44,7% del 2012), che porta a quasi 5 punti il divario rispetto al resto d’Europa.
Il confronto internazionale: il record della pressione fiscale Secondo le stime ufficiali (nota di aggiornamento al Def), nel 2012 la pressione fiscale toccherà il 44,7%, con un balzo di 2,2 punti rispetto al 2011. Da un anno all’altro, insomma, gli italiani avranno pagato 35 miliardi in più, per effetto delle tre manovre che si sono succedute da metà 2011. Si tratta di 1.450 € di aggravio per ciascuna famiglia. Il confronto internazionale ci colloca al terzo posto (dopo Danimarca e Svezia) fra i 27 paesi dell’Unione europea, con un distacco di ben 5 punti rispetto alla pressione fiscale media.
“Questo significa – sottolinea Confesercenti – che se il nostro livello di prelievo fosse uguale a quello medio europeo, ogni famiglia italiana disporrebbe di un reddito aggiuntivo di 3.400 euro, ossia quasi 10 euro al giorno. Il futuro non sembra lasciare spazio a valutazioni ottimistiche, soprattutto in assenza di una ripresa dell’economia. Sempre secondo le stime del Governo, infatti, nel 2013 la pressione fiscale aumenterà ancora, portandosi al 45,3%. Altri 9 miliardi in più; ulteriori 380 euro a carico di ciascuna famiglia italiana. Inoltre, altre sorprese possono venire dal versante delle imposte locali (regioni, province e comuni), che nel decennio passato hanno registrato un aumento di prelievo del 41% rispetto al 34% del resto della pubblica amministrazione (Stato ed Enti di previdenza). Una devianza, questa, che potrebbe trovare conferma in futuro, considerato che la facoltà di aumentare le imposte proprie accordata dai decreti attuativi del federalismo fiscale si accompagna alla necessità degli stessi Enti di sopperire ai tagli dei trasferimenti statali”.
“L’impennata della pressione fiscale – continua l’organizzazione – si spiega in larga parte con la forte dinamica del gettito, sostenuta da reiterate e spesso rilevanti manovre di finanza pubblica. Nell’arco dei primi dodici anni del terzo millennio, le entrate della Pubblica amministrazione sono cresciute in termini monetari di oltre 204 miliardi (+41%), guidate soprattutto dall’accentuata dinamica dei contributi sociali (+ 48%). In linea con l’andamento complessivo si sono invece rivelate le imposte dirette (+41%), laddove più contenuti sono stati i ritmi di crescita dell’imposizione indiretta (+35%). L’aumento di gettito risulta significativo anche in termini reali (oltre il 10% nel complesso), nonostante che nello stesso arco temporale il Pil abbia subito una caduta di quasi tre punti. Se appare in controtendenza rispetto alla stasi dell’economia, l’aumento di gettito registrato fra il 2000 e il 2012 riflette per oltre la metà l’accelerazione proveniente dalle decisioni di politica economica”.