Intervista all'autrice di 'In altalena su un granello di sale'
L’ansia è in grado di ‘spettinare il cervello‘ e chiama a fare i conti con le proprie paure. Nel libro ‘In altalena su un granello di sale’ il cui sottotitolo è ‘Storia di un cervello spettinato dall’ansia‘, Elsa Di Gati, vicedirettrice Daytime della Rai, racconta come tutto si sia amplificato nei giorni del Covid.
“Un po’ per il covid un po’ per le vite che conduciamo e dobbiamo fare i conti con questa cosa che si chiama ansia”, dice intervistata da LaPresse. “Ho passato momenti in cui sentivo il cervello spettinato – sottolinea – finché non si capisce che l’ansia può essere gestita, ma va trattata nel modo giusto. A volte anche la paura che genera ansia può essere positiva perché ci mette in allerta, ma non tutti sono in grado di gestirla e ci sono momenti in cui la vita è piegata”.
Scrivere è mettersi in gioco, confessa Di Gati: “La scrittura per un giornalista serve a esorcizzare, volevo liberarmi di alcune cose”. Il Covid, racconta, “ha determinato una stortura della vita quotidiana”. “Sembrava tutto surreale, strade vuote, i ragazzi rinchiusi” mentre cresceva la “paura di un nemico invisibile che non sai dove sia, dove si poggia”, mentre il bollettino quotidiano acuiva l’ansia. “Mi sono interrogata sul perché questo nemico invisibile avesse ingigantito l’ansia e ho lavorato su me stessa per capire che questa cosa riguarda il proprio vissuto”. È nato così il libro in cui alla fine, Di Gati ‘dialoga con l’ansia’: “Lei mi dice: io ci sarò sempre, tu devi prendermi per mano'”.
Dall’esigenza, dunque, di comprendere cosa è successo in lei, nasce la storia di Serena, in un romanzo che diventa a tratti divertente. “Ha un marito che sdrammatizza e minimizza ogni cosa e lei si arrabbia”, sottolinea, così alla fine è lo stesso marito che prende la parola, tra le pagine del libro “e fa quasi un mea culpa per come si è comportato”.
Resta fermo un dato, che accomuna tutti: il Covid ha cambiato le cose, c’è un prima e c’è un dopo. “Non ci baciamo più, non ci stringiamo più la mano, non ci abbracciamo. Per me che cerco il contatto fisico è stato una svolta”, conclude.
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