Carceri, la maturità anche come occasione di riscatto. “Mafia, parola di cinque lettere che ancora oggi, e non so per quanto altro tempo ancora, fa tremare e spaventare”. Inizia così il tema di Enrico (il nome è di fantasia), che a quasi cinquant’anni ha ottenuto il massimo dei voti, venti su venti, alla prima prova dell’esame di Stato svolto lo scorso 18 giugno con cui si è diplomato con 100. Anche se gli esami lui li ha fatti dall’interno del carcere di Rebibbia, dove ha già scontato cinque anni di reclusione.
Il tema dedicato ai giovani
“I giovani, la nostra speranza contro la mafia”, il titolo dato alla traccia scelta da Enrico, che nel tema spiega che “fortunatamente ho quasi finito di espiare la mia pena. Oggi sembra un controsenso che, da carcerato, stia qui a parlare del gravissimo problema del fenomeno mafioso”, ma si dice convinto che “proprio perché ho perso cinque anni della mia vita, sono arrivato alla conclusione che dare il consenso ad appartenere al mondo criminale non porti a nulla, se non alla carcerazione e alla perdita degli affetti”.
Il tema ha catturato l’attenzione della commissione esterna e si spera che possa catturare anche quella del Ministero della Giustizia e del MIM, soprattutto nella parte in cui Enrico, dopo aver spiegato la sua “stima” per i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno deciso di lottare “contro questa organizzazione a discapito della loro vita”, matura la sua proposta: “Vorrei tanto che il carcere organizzasse degli incontri con i giovani per poter far capire loro le problematiche e le conseguenze che porta dare il consenso al crimine”. Enrico vorrebbe che i giovani “capiscano che dire -no, io non ci sto- fa molto più uomo”.
“La mia più grande paura”, aggiunge Enrico nel testo, riferendosi a suo figlio, è che “si senta in diritto di intraprendere la mia strada”, specificando che comunque “nelle quattro ore di colloqui mensili che ho, cerco di fargli capire che l’istruzione, la famiglia ed il futuro lavoro onesto lo renderanno un uomo. Cerco di fargli capire che i soldi facili non esistono e che lo porterebbero dove ora hanno portato me”.
Carceri, la funzione della scuola
In un periodo come quello attuale, dove anche lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto sul tema del disagio nelle carceri, il tema di Enrico ha colpito la commissione esterna proprio perché la scuola, in accordo con le aree educative, può offrire gli strumenti idonei a sviluppare uno spirito critico, aiuta a riflettere, a valorizzare qualche percorso virtuoso. Come sottolinea l’insegnante di italiano di Enrico che l’ha seguito nell’ultimo anno, “egli stesso ha voluto cogliere al volo l’opportunità di misurarsi con qualcosa di buono per lui, ha scoperto il bello che c’è dietro allo studio e alla partecipazione alle attività scolastiche e sono emerse le sue attitudini migliori, avendo maggiore consapevolezza dei suoi sbagli, ma anche dei suoi mezzi e di quello che potrà fare una volta tornato in libertà. Per fortuna, è accaduto anche con altri studenti, a prescindere dal voto finale che hanno ottenuto”.
Come lascia intendere lo stesso Enrico in una delle parti conclusive del tema: “Vorrei che non ci si nasconda dietro alla solita frase fatta che la società di oggi non dà nulla o che non c’è lavoro, perché c’è sempre la possibilità di scegliere la strada che si vuole percorrere. Anche io ho avuto la possibilità di scegliere e ad oggi mi sono reso conto di avere scelto la strada più facile, ma anche la più sbagliata”.