A una donna campana di 44 anni affetta da SLA come “patologia irreversibile” è stato negato dalla Asl il “suicidio medicalmente assistito“. Lo fa sapere l’Associazione Luca Coscioni a cui la donna si è rivolta per impugnare il diniego d’urgenza davanti al Tribunale di Napoli. Il motivo del diniego sarebbe l’assenza di tre dei quattro requisiti necessari per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita in Italia, secondo la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale ‘Cappato-Antoniani’.
L’unico requisito riconosciuto è la patologia irreversibile di cui soffre. Mancherebbero, secondo l’azienda sanitaria, la volontà di procedere con la morte volontaria assistita, la dipendenza da trattamento di sostegno vitale e la presenza di sofferenze ritenute intollerabili dalla paziente. Per questi motivi ‘Coletta’, questo il nome scelto dalla donna, si è rivolta al collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, chiedendo una “rivalutazione urgente delle sue condizioni e la trasmissione del parere del comitato etico”. L’azienda sanitaria non ha però dato seguito alle richieste.
“In quanto cittadina consapevole, lucida e determinata – ha dichiarato ‘Coletta’ – non posso accettare che la mia volontà venga schiacciata da valutazioni che sembrano ignorare non solo il mio stato di salute, ma anche il diritto a non essere condannata a una sofferenza che non ha più alcun senso per me. Se in Italia non posso accedere a una scelta legalmente garantita, sto valutando di affrontare l’unica alternativa praticabile: l’espatrio per morire dignitosamente in Svizzera“.
È la terza richiesta in regione dopo Gianpaolo Galietta, 47 enne affetto da atrofia muscolare spinale, di Montano Antilia, che nel marzo 2021 aveva presentato richiesta di verifica delle condizioni, ma a causa della lunga attesa ha deciso di procedere con la sedazione palliativa profonda e dopo 2 giorni è morto .