Era il 7 agosto del 1990, quando Simonetta Cesaroni, vent’anni compiuti da poco, venne trovata cadavere nell’ufficio di via Carlo Poma 2, nel quartiere Prati a Roma. Il suo corpo viene ritrovato seminudo, disteso in una pozza di sangue in parte ripulita, segno di un tentativo di nascondere l’omicidio e farla sparire. Da quel giorno, il suo omicidio è rimasto uno dei casi più misteriosi della cronaca nera e giudiziaria italiana.
Oggi, a distanza di 35 anni, la procura della Repubblica di Roma, ha riaperto il ‘cold case’ ripartendo da nuove testimonianze, perquisizioni e acquisizioni e rispolverando vecchie piste battute senza successo subito dopo il delitto. A disporre le nuove indagini è stata la giudice per le indagini preliminari Giulia Arcieri, del Tribunale di Roma, che ha ordinato quattro perquisizioni urgenti, sequestri di materiali e l’ascolto di 26 testimoni, tra vecchie e nuove figure legate al caso.
Un provvedimento che potrebbe riaprire scenari rimasti nell’ombra per oltre tre decenni. Tra i nomi coinvolti compaiono anche figure di primo piano delle istituzioni, come Carmine Belfiore, oggi vice capo della Polizia di Stato, ed ex questore di Roma, e Antonio Del Greco, che nel 1990 era dirigente della sezione omicidi. Entrambi verranno ascoltati come persone informate sui fatti.
Saranno inoltre sentiti giornalisti e studiosi che nel tempo hanno seguito da vicino l’evoluzione del caso, tra cui i colleghi Giuseppe Pizzo, Igor Patruno e il criminologo Carmelo Lavorino, autore di analisi critiche sulle indagini ufficiali, oltre a chi scrive.Nel nuovo elenco di audizioni compaiono anche testimoni legati direttamente o indirettamente all’ambiente della vittima: Bianca Limongiello, portiera del palazzo vicino, la domestica di Francesco Caracciolo di Sarno, ex datore di lavoro di Simonetta, la testimone Maria Strelenciuc, la magistrata della Corte dei Conti Rita Loreto e Sergio Costa.
La scena del crimine, la sera del 1990, era agghiacciante: Simonetta era stata colpita con 29 coltellate e il suo corpo fu ritrovato dalla sorella Paola. Le indagini, fin dall’inizio, furono segnate da errori, depistaggi e ipotesi che non trovarono mai conferma. Federico Valle, primo sospettato, fu scagionato. Il portiere Pietrino Vanacore fu arrestato e poi prosciolto.
Nel 2010, pochi giorni prima di una testimonianza chiave, Vanacore si tolse la vita in Puglia, sua regione natale. A essere processato fu infine Raniero Busco, allora fidanzato della vittima, condannato in primo grado ma assolto in Appello. La Cassazione, nel 2014, confermò l’assoluzione. Ora dall’analisi dei vecchi reperti, con le moderne tecniche d’indagine, chi ha ucciso Simonetta Cesaroni, potrebbe avere un nome e un volto.