Trentatré anni fa esatti si verificò l’attentato di Capaci nel quale persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Falcone e la sua scorta furono vittime di un attentato messo in atto da Cosa Nostra in Italia, il 23 maggio 1992, sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci nel territorio comunale di Isola delle Femmine, a pochi chilometri da Palermo. Oggi celebrazioni in tutta Italia sono state organizzate per non dimenticare e per rendere omaggio alle vittime della mafia.
Silenzio di dieci minuti prima delle 17:57, corteo antimafia urla “Traditori”
A Palermo corteo antimafia nel pomeriggio dal teatro Massimo all’albero Falcone in via Notarbartolo. Duemila persone hanno partecipando, urlando: “Traditori” e “Fuori la mafia dallo Stato”. L’ex presidente del Senato Pietro Grasso già da 10 minuti aveva scandito i nomi delle vittime di Capaci, il rituale che da 33 anni precede il minuto di silenzio. In migliaia hanno però atteso lo scoccare delle 17,57 per osservare un secondo minuto di silenzio, all’orario esatto in cui scoppiò la bomba sull’autostrada.
Mattarella: “Capaci ferita tra le più profonde della storia repubblicana”
“Nella memoria viva di Falcone e Borsellino, il 23 maggio è diventata la Giornata della legalità, perché occorre tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 33esimo anniversario della strage di Capaci. “L’attacco feroce e sanguinario che la mafia compì trentatré anni or sono a Capaci, e che ripeté poche settimane più tardi in via D’Amelio a Palermo, costituisce una ferita tra le più profonde della nostra storia repubblicana”.
“Il primo pensiero, commosso oggi come allora, va a chi perse la vita – aggiunge – Giovanni Falcone insieme a Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. A loro è unito indissolubilmente il ricordo di Paolo Borsellino, di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. Servitori dello Stato, che la mafia uccise con eclatante violenza per piegare la comunità civile”.
Valditara: “Lotta alla mafia inizia dalle scuole”
“La lotta alla mafia inizia dalla scuola. Così onoriamo la memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di tutte le vittime della criminalità organizzata”. Così su X il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara in occasione della Giornata della Legalità e la commemorazione delle vittime delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.
La Commissione parlamentare Antimafia il 20 maggio ha esaminato il documento ‘Il maxiprocesso di Palermo. Ordinanza-Sentenza dell’8 novembre 1985’.
Chi furono le vittime della strage di Capaci
Libera si batte affinché a ciascuna vittima di mafia venga riconosciuto innanzitutto il diritto al nome, il diritto a vedere riconosciuta e raccontata ogni singola storia.
Stringendogli il braccio, lo guardò negli occhi e gli chiese perché il nome di suo figlio, come quello degli altri agenti della scorta, non venisse mai pronunciato.
Nel corso di una funzione religiosa in ricordo della strage di Capaci di molti anni fa, una donna carica di dolore incontrò Luigi Ciotti. Stringendogli il braccio, lo guardò negli occhi e gli chiese perché il nome di suo figlio, come quello degli altri agenti della scorta, non venisse mai pronunciato.
Quella donna si chiamava Carmela ed era la madre di Antonio Montinaro, ucciso a Capaci il 23 maggio 1992, insieme a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Dopo più di 30 anni dalla quella strage che ha cambiato la storia del nostro Paese, vogliamo ricordare quanto è accaduto attraverso le testimonianze dirette dei familiari delle vittime, per ricordarli vivi e per dare voce a quanti ancora oggi gridano verità e giustizia.
L’intervista di Libera alla sorella di Montinaro
Chi era Giovanni Falcone
Giovanni Falcone nacque a Palermo, nel quartiere della Kalsa, il 18 maggio del 1939. Divenne magistrato nel 1964. Dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, nel settembre del 1979, accettò l’offerta che da tanto tempo Rocco Chinnici gli proponeva e iniziò il suo lavoro all’Ufficio istruzione della sezione penale.
Il 29 luglio del 1983 Chinnici venne ucciso con la sua scorta. Prese il suo posto Antonino Caponnetto, che costituì il pool antimafia, di cui fecero parte Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta. Tra i successi del pool, l’avvio della collaborazione con la giustizia del mafioso Tommaso Buscetta e il primo maxiprocesso a Palermo contro Cosa Nostra. Il 20 giugno 1989 la sua casa all’Addaura, presso Mondello, fu oggetto di un attentato. Seguì l’episodio del “corvo”, ossia di alcune lettere anonime dirette a diffamare Falcone e altri.
Una settimana dopo l’attentato venne nominato procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Palermo. A causa di dissensi con il procuratore Giammanco sulla conduzione delle inchieste, accettò la proposta di diventare direttore degli Affari penali presso il Ministero di Grazia e Giustizia, coordinando una vasta materia, dalle proposte di riforme legislative alla collaborazione internazionale. Nel novembre 1991 istituì la Direzione Nazionale Antimafia. Il 23 maggio 1992, intorno alle 18.00, sull’autostrada A29 Palermo-Trapani, nei pressi dello svincolo di Capaci, una carica di 500 chilogrammi di tritolo fece saltare in aria le tre macchine che accompagnavano Giovanni Falcone e sua moglie, di ritorno da Roma. Con loro morirono anche gli uomini della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.