La ragazza condannata a 9 anni e 4 mesi, il legale: "Certi che sia stata una reazione difensiva a una violentissima aggressione"
E’ stata condannata a 9 anni e 4 mesi Makka Sulaev, la ragazza accusata di aver ucciso il padre 50enne Akhyad Sulaev, quando aveva 18 anni, nel 2024, nella loro abitazione di Nizza Monferrato dopo ripetute violenze familiari, soprattutto, secondo le testimonianze e le prime risultanze, ai danni della madre.
Esclusa la premeditazione
E’ stata esclusa la premeditazione e sono state riconosciute le attenuanti generiche e la provocazione, ritenute prevalenti rispetto alla residua aggravante di aver commesso il fatto ai danni di un parente. Non è passata la linea della legittima difesa, “più che argomentata”, spiega a LaPresse il suo legale Massimiliano Sfolcini. “Si dovranno leggere i motivi della sentenza per comprenderne le ragioni. Non c’è molto altro da commentare”. La difesa “è certa si sia trattato di una reazione difensiva nel complesso, avendo la ragazza e la madre subito una violentissima aggressione fisica e avendo reagito a questa”.
La vicenda di Makka Sulaev
Dagli accertamenti svolti e dalle testimonianze raccolte dai carabinieri nelle prime ore dopo il delitto, coordinati dalla procura, era emerso un quadro di violenze familiari da parte del padre Akhyad Sulaev (la vittima 50enne) nei confronti della moglie e dei figli. Gli accertamenti sono ancora in corso. La figlia, Makka, avrebbe confermato le violenze davanti ai pm, raccontando di essersi frapposta tra il padre e la madre durante una lite.
La ragazza, che frequentava una scuola superiore della città, è la più grande di quattro fratelli, gli altri sono tutti minori. Le violenze andavano avanti da anni, e questo è stato documentato con testimonianze e con i diari di Makka.
La giovane era immediatamente stata messa ai domiciliari in una comunità protetta, da dove poteva proseguire gli studi.
Il caso di Makka e quello di Alex Cotoia
Il caso aveva fatto scalpore poiché si trattava di un caso simile a quello di Alex Cotoia (conosciuto come Alex Pompa ma cambiò cognome), che uccise nel Torinese il padre violento per difendere se stesso, il fratello e la madre. Il suo caso era finito anche in Cassazione.
Nel gennaio 2025, la Corte d’assise d’appello di Torino ha assolto Alex Cotoia dall’accusa di aver ucciso il padre, 50 anni, nel corso di una lite che l’uomo stava avendo con la madre. Nel luglio scorso, il pg della Cassazione aveva disposto un nuovo processo d’appello nei confronti del ragazzo, oggi 22enne, dopo la condanna a 6 anni e 2 mesi. In primo grado il giovane era stato assolto prima di essere condannato in appello. La Cassazione aveva disposto un processo d’appello bis che ha confermato, invece, l’assoluzione del giovane. “Alex ora deve essere lasciato in pace, non ha praticamente ancora vissuto. Siamo contenti che sia finito un calvario giudiziario” disse a LaPresse il suo legale, Claudio Strata.
La madre di Alex lo ha sempre difeso sostenendo che senza di lui sarebbe stata “l’ennesima vittima di violenze di genere” in Italia, uccisa da un marito violento. La madre e il fratello di Alex sono però stati accusati di falsa testimonianza.
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