La ricercatrice Francesca Barnaba (Isac) spiega i pro e i contro del fenomeno: "L'evento non è anomalo"

La sabbia del Sahara sulla Marmolada, a 3.343 metri di altezza. Lo ha documentato in un video Carlo Budel, gestore del rifugio in cima alla Regina delle Dolomiti. Dopo le abbondanti nevicate della settimana scorsa che hanno ricoperto la cima della Marmolada, gruppo montuoso delle Alpi orientali al confine tra la provincia di Trento e quella di Belluno, le temperature si sono alzate rapidamente. Innalzamento che ha portato allo scioglimento delle nevi di giugno sulla vetta più alta, la Punta Penia, dove sono evidenti le tracce rossastre della sabbia desertica portata dalle correnti. Permangono, secondo quanto si apprende, le condizioni di massima prudenza per chi intraprende ascese su sentieri in quota e ferrate per la presenza di nevai che ancora ricoprono i cordini di sicurezza. 

L’esperta, Francesca Barnaba, ricercatrice senior dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (Isac) del Cnr, racconta di non essere affatto stupita dalla sabbia del Sahara che ha raggiunto le vette della Marmolada. Alla domanda di LaPresse sulle motivazioni dell’evento, spiega: “Si tratta di un fenomeno assolutamente ricorrente nel nostro Paese, da nord a sud. È tutt’altro che anomalo. Le polveri possono arrivare anche a dieci chilometri di quota, e ovviamente in montagna sono più visibili. Ma, ripeto, non devono suscitare particolare allarme. Al massimo si può segnalare che nell’ultimo anno sono stati più numerosi, ma attribuirlo al cambiamento climatico forse è un po’ eccessivo, anche perché non è chiaro se c’è una connessione. Piuttosto – sottolinea – c’è da dire che più si va verso un contesto di desertificazione, e quella sì che sta aumentando, più ci dobbiamo aspettare che questi eventi si moltiplichino perché crescono le sorgenti di queste particelle”. La preoccupazione “sta nel fatto che queste particelle non sempre arrivano al suolo, ma quando lo fanno, pur trattandosi di particelle naturali, c’è un impatto sulla salute soprattutto per persone che soffrono di problemi respiratori o allergie. E poi – spiega ancora la ricercatrice – contribuiscono allo scioglimento dei ghiacci perché quando queste particelle si depositano sulla neve questa diventa più scura, quindi assorbe più radiazioni aumentando il processo di scioglimento delle superfici nevose”. Ma ci sono anche aspetti positivi. “Queste polveri – spiega Barnaba – sono ricche di nutrienti e quindi sono fertilizzanti naturali per la vegetazione“. 

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