Fascismo: cosa prevedono la legge Scelba e la legge Mancino

Fascismo: cosa prevedono la legge Scelba e la legge Mancino
Milano, centinaia in corteo per ricordare Sergio Ramelli

Le sezioni unite sulla commemorazione per Ramelli a Milano nel 2016

“Chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire cinquantamila”. E’ quanto prevede l‘articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato nella sentenza con cui la Cassazione ha stabilito che il saluto romano in risposta alla chiamata del ‘presente’, alle manifestazioni di rievocazione, integra la legge Scelba e configura il reato di apologia “ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso – scrivono i giudici della Suprema Corte – sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Si tratta della cosiddetta “legge Scelba“, che all’articolo 2 punisce con la reclusione da tre a dieci anni “chiunque promuove od organizza sotto qualsiasi forma la ricostituzione del disciolto partito fascista”.

Nella sentenza, legata all’episodio che si verificò nel 2016 durante una cerimonia commemorativa per Sergio Ramelli, uno studente di 19 anni e militante del Fronte della gioventù assassinato nel 1975 da un un gruppo appartenente ad Avanguardia operaia, con 8 imputati, i giudici della Suprema Corte affermano anche che a determinate condizioni può essere applicato anche il decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205, vale a dire la cosiddetta “legge Mancino” dal titolo “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”. In particolare, può configurarsi il delitto previsto dall’articolo 2, che, come scrivono gli Ermellini, “vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimento o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

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