È stato sequestrato il quadro “La cattura di San Pietro”, attribuito a Rutilio Manetti. I carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio culturale, su mandato della Procura di Macerata, hanno perquisito tre abitazioni di Vittorio Sgarbi, quella di San Severino Marche, Roma e Ro’ Ferrarese. “Non ho nulla da temere – scrive su X il sottosegretario alla Cultura – Mi difenderò con ogni mezzo con chi specula sulla vicenda e chi se ne rende complice”.
Sgarbi fa sapere di aver “consegnato spontaneamente l’opera perché siano fatte tutte le verifiche del caso, a partire dalle misure del dipinto rispetto alla cornice di quello rubato. Sono assolutamente sereno. Il sequestro un atto dovuto”. L’ipotesi di reato mossa nei confronti di Sgarbi è di riciclaggio – come si legge nella nota – per avere acquisito la “disponibilità di un bene culturale costituito da un quadro del 1600 di grosse dimensioni raffigurante un giudice che condanna un uomo dal viso venerando dal profilo di San Pietro di autore ignoto ricordante i pittori Solimena e il Cavallino”. Il quadro attribuito a Rutilio Manetti, pittore del ‘600 senese, nella disponibilità di Sgarbi, indagato per riciclaggio di beni culturali, è stato individuato nei magazzini a Ro Ferrarese, in provincia di Ferrara, nella disponibilità della Fondazione ‘Cavallini-Sgarbi’ unitamente a una copia in tre D, fatta eseguire da un laboratorio di Correggio, in provincia di Reggio Emilia. “La cattura di San Pietro” è stato rubato dal castello di Buriasco, in Piemonte, e denunciato nel febbraio del 2013 da Margherita Buzio. La tela riapparve a Lucca in una mostra. Il quadro oggi è stato oggetto del sequestro probatorio da parte dei militari del Nucleo tutela del patrimonio culturale.
Il furto denunciato sarebbe avvenuto “in concorso con persone allo stato ignote”. L’ipotesi è che per coprire la provenienza dell’opera, sul quadro sarebbe stata fatta inserire, “in alto a sinistra” una torcia, attribuendo la tela a Manetti dal titolo ‘La cattura di San Pietro’ e “affermando la titolarità del quadro asseritamente rinvenuto all’interno di un immobile acquistato dalla fondazione Cavallini-Sgarbi”.Nel corso delle perquisizioni, estese anche ai domicili romano e marchigiano di Vittorio Sgarbi, cui collaboravano anche le parti in causa, sono stati sequestrati dispositivi telematici, informatici e documentali inerenti l’indagine in corso