Strage Nassiriya, figlio vittima: “Da Stato mancata sensibilità ma nessun rancore”

Le parole di Marco Intravaia a LaPresse

Nella strage che il 12 novembre 2003 devastò la base militare “Maestrale” di Nassiriya, in Iraq, Marco Intravaia perse il padre, il vicebrigadiere Domenico. Un uomo di Stato partito da Monreale, in provincia di Palermo, la cui immagine è entrata nella memoria collettiva per uno scatto che lo ritrae in divisa, in una strada polverosa, mentre scherza con due bambini iracheni. “Sono stati anni duri, di assenze. Per certi aspetti perchè quello che più è mancato è stato un papà affettuoso, allegro, attento – racconta Marco Intravaia a LaPresse -. Tuttavia siamo riusciti a mantenerlo in vita parlandone sempre, sia in famiglia che all’esterno. Questo ci ha portato a mantenerlo vivo nella nostra vita e nelle nostre menti. Abbiamo lottato tanto. Ciascuno di noi ha avuto dei problemi, anche di salute. Ma siamo riusciti a risollevarci e a vivere con dignità”.

Di suo padre, Marco Intravaia ha ereditato lo spirito di servizio e la volontà di servire il proprio Paese. Qualità che lo hanno portato, dopo una lunga gavetta politica, a sedere sugli scranni dell’Assemblea Regionale Siciliana. “Sono cresciuto nelle caserme – dice – e gli insegnamenti ricevuti, gli ideali che mio padre mi ha trasmesso si sono rafforzati dopo la sua morte. Il suo sacrificio ha sottolineato ancora una volta il loro valore. Avrei potuto indossare la divisa, e continuare sulle sue orme. Ma non volevo lasciare da sola mia sorella più piccola. Così ho intrapreso la strada della politica nella consapevolezza che quando la politica è fatta con serietà e concretezza, quella politica con la ‘P’ maiuscola incarna gli ideali e i valori più alti del servire il Paese”.

Guardando a ciò che accade in queste settimane in Medioriente, Marco Intravaia non nasconde i propri timori: “A volte hai la sensazione che il sacrificio del proprio padre o dei tanti miltari caduti all’estero possa essere stato vano. Ma di fatto non è così. C’è bisogno di maggiore sensibilità anche da parte della Comunità internazionale per intervenire a placare gli animi e risolvere questi conflitti. Questo richiede impegno, tempo e uno sforzo concreto. Perchè se così non dovesse essere, si rischia di assistere a immagini che anni fa abbiamo visto arrivare dall’Afghanistan. Quando penso ad un impegno delle forze armate, penso ad un impegno risolutivo e non ‘mordi e fuggi’ come avvenuto in Afghanistan, che poi si decise da un momento all’altro di ritirare le truppe”.

In questi vent’anni sono state tante le celebrazioni degli “eroi” di Nassiriya. Un rendere omaggio che ha il retrogusto amaro del dubbio se quell’eccidio si sarebbe potuto evitare, come messo nero su bianco dalla condanna in Cassazione dell’ex generale Bruno Stano, comandante della missione. “Quella strage certamente poteva essere ridotta nell’esito se solo fossero state adottate le misure di sicurezza sulla base del contesto bellico e delle avvisaglie – prosegue Marco Intravaia -, dei warning trasmessi dai servizi segreti americani che avvisavano di un imminente attentato. Warning totalmente ignorati. Nonostante questo, mio padre e i suoi colleghi rimasero lì fino alla fine per prestare fedeltà al proprio impegno. Non si è ‘eroi’ perchè si è saltati in aria mentre si è in servizio. Si è eroi perchè si è affrontata quella delicata missione consapevoli dei rischi a cui si andava incontro”.

Un dubbio che sconfina nella beffa, se si pensa che ai caduti della più grande strage che ha coinvolto militari italiani dal dopoguerra non è stata riconosciuta la medaglia d’oro al valor militare: “E’ mancata la sensibilità da parte dello Stato nei confronti dei propri caduti e del loro sacrificio – commenta Intravaia -. Ma siccome anche lo Stato è fatto di uomini, ogni uomo agisce in modo soggettivo secondo la propria sensibilità. Non ho però mai nutrito sentimenti di odio o di rancore, perchè mio padre mi ha insegnato a rispettare le istituzioni e ad amarle. Non potrei mai odiare lo Stato, perchè quando vedo lo Stato vedo il suo volto”.