Si tratta di persone che occupavano abusivamente l'ex albergo da cui è sparita la bambina

A distanza di oltre tre mesi da quando Mia Kataleya Chicclo Alvarez, la bambina peruviana di 5 anni conosciuta semplicemente come Kata, è scomparsa dall’ex hotel Astor di via Maragliano a Firenze, i magistrati della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano hanno notificato i primi avvisi di garanzia a cinque persone che erano tra quanti, come i familiari della bambina, occupavano abusivamente l’ex albergo. Si tratta di un atto necessario, spiega la Dda di Firenze, per effettuare accertamenti tecnici irripetibili per verificare la presenza di materiale biologico o genetico e l’estrapolazione di eventuali profili di Dna da alcuni borsoni e trolley sequestrati a cinque persone che occupavano l’hotel Astor quando il 10 giugno scorso è scomparsa la piccola Kata. Lo stesso accertamento, spiegano ancora i magistrati, sarà effettuato anche sui rubinetti di due distinte stanze dell’hotel dove, durante il sopralluogo dello scorso 11 giugno, sono state trovate tracce di sostanza ematica. Gli accertamenti genetici sono svolti, con l’ausilio di un consulente tecnico nominato, nei confronti dei cinque soggetti indagati. Tre degli indagati, fa sapere la Dda fiorentina, sono stati ripresi dalle telecamere mentre fuoriuscivano, rispettivamente, con un borsone e con due trolley – che per dimensioni avrebbero potuto occultare la bambina – nella giornata del 10 giugno scorso. Questi oggetti sono stati utilizzati dagli indagati anche in occasione dello sgombero dell’hotel da parte delle forze dell’ordine avvenuto il 17 giugno. Gli altri due indagati sono, invece, occupanti delle stanze nei cui rubinetti dei bagni sono state individuate, nella perquisizione effettuata il giorno successivo alla scomparsa di Kata, tracce di presunta sostanza ematica. 

Anche 2 zii tra 5 indagati

Nell’ambito dell’inchiesta per l’ipotesi di reato di sequestro di persona a scopo di estorsione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze sulla sparizione di Mia Kataleya Chicclo Alvarez, la bambina peruviana di 5 anni, conosciuta semplicemente come Kata, di cui non si hanno più notizie dal 10 giugno scorso, tra le cinque persone alle quali in queste ore è stato notificato un avviso di garanzia figurano anche due zii della piccola: uno materno, Abel Alvarez Vasquez, attualmente in carcere nell’ambito dell’inchiesta su un presunto racket delle camere dell’ex hotel Astor, dove Kata viveva con la famiglia e altre decine di occupanti, e uno paterno, Marlon Edgar Chicclo, 19 anni.La procura di Firenze ha disposto nei confronti dei 5 indagati accertamenti tecnici irripetibili, volti ad accertare la presenza di materiale biologico o genetico e all’estrapolazione di eventuali profili del Dna (da borsoni, trolley e da rubinetti di stanze dell’hotel Astor) e alla loro successiva comparazione con quello della piccola Kata. Gli accertamenti saranno svolti con l’ausilio di un consulente tecnico nominato dalla Direzione distrettuale antimafia.

In un comunicato la procura fiorentina ha spiegato che tre degli indagati “sono stati ripresi dalle telecamere mentre fuoriuscivano” dall’ex hotel Astor il 10 giugno dopo la scomparsa di Kata “rispettivamente, con un borsone e con due trolley – che per dimensioni avrebbero potuto occultare la bambina -, oggetti che gli stessi avrebbero poi utilizzato anche il 17 giugno in occasione dello sgombero dello stabile”.

Gli altri due indagati, sempre secondo quanto riferito dalla procura nel comunicato, “sono occupanti di tre distinte stanze” dell’ex hotel Astor, “nei cui rubinetti dei bagni sono state individuate tracce di presunta sostanza ematica l’11 giugno in occasione della perquisizione effettuata il giorno dopo la scomparsa della bambina”.

 Da fonti della procura si è poi appreso che tra i cinque indagati per il sequestro a scopo di estorsione di Kata, diversamente da come era emerso in un primo momento non ci sarebbe lo zio paterno, il 19enne Marlon Edgar Chicclo, mentre figura lo zio materno, Abel Alvarez Vasquez. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata