Le testimonianze: "Più droga qui a Capodanno che a Porta Palazzo", 6 agenti raggiunti da misure cautelari più uno che era già in carcere

Il “Paese dei balocchi”, il luogo dove “trovare quello che vuoi” e dove a Capodanno c’era “più droga che a Porta Palazzo”. Così i testimoni hanno definito la situazione del carcere di Biella, finito al centro dell’inchiesta coordinata dalla locale procura, che ha portato all’esecuzione di 56 misure cautelari. Sette in totale gli agenti penitenziari coinvolti nel traffico di stupefacenti, telefonini e tablet: tre di loro sono stati sospesi e tre sono ai domiciliari, ai quali va aggiunto un agente che si trova già in carcere per una prima fase dell’inchiesta. Trentatré tra detenuti ed ex detenuti e 12 familiari raggiunti dalle misure. L’organizzazione era ferrea ed era divisa in diverse “piazze di spaccio”, hanno spiegato gli inquirenti. Una situazione di “caos” che è “implosa” negli anni, invece che migliorare, secondo la procuratrice Teresa Angela Camelio. “Saremo inflessibili qualora il quadro accusatorio sia supportato da un compendio probatorio e indiziario di spessore”, ha detto Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia. “Se c’è una cosa odiosa e intollerabile, per il rispetto che ho per le divise, è quando chi è in divisa commette determinati reati – ha affermato – La polizia non deve avere paura di fare la polizia e chiunque spacci è anti Stato”.

La procura ha spiegato che nell’aprile 2021 era avvenuta una perquisizione nel carcere ma, secondo le indagini, i detenuti erano stati informati quattro giorni prima dagli agenti penitenziari e avevano dunque nascosto la droga in carcere. Un detenuto aveva il compito di nasconderlo “sulla sua persona in caso di necessità” e poteva arrivare a nascondere due panetti da 100 grammi di hashish. In quell’occasione furono nascosti 300 grammi di cocaina, 300 di subutex e mezzo chilo di panetti di fumo e telefoni nei tubi di scarico del WC. Gli smartphone venivano nascosti in “confezioni di tavolette di cioccolato” e i microtelefonini in “confezioni di torroncini”, tramite pacchi per i detenuti o durante i colloqui con i familiari. Secondo un testimone dell’inchiesta, 400 pastiglie di subutex vennero nascoste “in una noce pecan”. Il costo della droga era elevato e, durante il Covid, aveva raggiunto 10 volte quello fuori dal carcere. Secondo i testimoni, le guardie carcerarie coinvolte percepivano compensi tra i 600 e i 1500 euro a pacco per la collaborazione all’introduzione di telefoni e stupefacenti in carcere. Tali agenti penitenziari vengono definiti ‘cavalli blu’. Cruciale per l’inchiesta l’arresto di un membro chiave della rete di spaccio nel 2019.

I reati contestati a vario titolo sono introduzione e cessione di sostanze stupefacenti nel carcere, introduzione di telefoni cellulari, sim card, corruzione per atto contrario ai propri doveri, istigazione alla corruzione, ricettazione, estorsione, falso in atto pubblico e arresto illegale. Gli indagati sono 89, più di quelli raggiunti da misura cautelare: non per tutti, però, è stato possibile ottenere un quadro probatorio completo. Nel carcere venivano “con costanza” spacciati anabolizzanti e sostanze stupefacenti, ha spiegato ancora la procuratrice. La procura di Biella ha posto l’accento su come i reati contestati abbiano aumentato anche il fenomeno della tossicodipendenza. “Durante le indagini più volte è sorto l’interrogativo di come fosse possibile che molti detenuti abbiano rischiato l’overdose, ovvero siano stati presi in carico dal Serd successivamente all’accesso in Istituto senza che prima fossero soggetti tossicodipendenti”, è stato spiegato in conferenza stampa.Negli ultimi anni diverse inchieste hanno riguardato il carcere di Biella. Nel 2022 vennero sospesi 23 agenti di polizia penitenziaria, accusati di torture e pestaggi all’interno della casa circondariale. Un filone che però non è collegato a quello dell’attuale inchiesta. 

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