Aveva ucciso il padre a coltellate il 30 aprile 2020, assolto per legittima difesa in primo grado

Il caso di Alex Cotoia finisce davanti alla Corte Suprema per una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’Appello, che però chiarisce che non fu legittima difesa, come invece stabilito in primo grado. Nelle 18 pagine dell’ordinanza con la quale la Corte torinese ha sospeso il giudizio, in attesa del pronunciamento della corte costituzionale, infatti, si legge che la Corte d’appello “ritiene di dovere affermare la responsabilità dell’imputato per omicidio volontario” non reputando possibile “un’ipotesi di legittima difesa reale o putativa”. Alex, dunque, andrà in carcere (anche se l’avvocato Claudio Strata ha annunciato ricorso in Cassazione).

Alex Cotoia (ai tempi Pompa) ha ucciso il padre a coltellate il 30 aprile 2020, nella loro casa di Collegno. Trentaquattro colpi, con diversi coltelli, dopo l’ennesimo episodio di violenza da parte dell’uomo nei confronti di lui, del fratello e della madre. In primo grado ad Alex, allora 18enne, è stata riconosciuta la legittima difesa e fu assolto. I pm hanno chiesto per lui 14 anni di carcere, sia in primo grado che in appello. E proprio la corte d’appello dissente, rispetto alla corte del primo grado, “dalle valutazioni in ordine all’attendibilità” di quanto detto dal fratello e dalla madre e dice che le dichiarazioni hanno dimostrato “con evidenza il tentativo (certo umanamente comprensibile) di accreditare la tesi della legittima difesa”. La Corte sostiene che le dichiarazioni fornite a caldo devono ritenersi più attendibili di quelle successive e che queste non dimostrerebbero un immediato pericolo ma solo l’ipotesi di questo immediato pericolo (e l’esasperazione dopo le violenze reiterate).

Per la corte il fatto che Alex abbia dichiarato di aver “anticipato” il padre, vedendolo dirigersi verso il cassetto dei coltelli e quindi armandosi anche lui di coltello, non può giustificare la legittima difesa. “Non vi è spazio” dice la corte “per la legittima difesa anche putativa” perché c’era solo la “rappresentazione, meramente congetturale e astratta, della generica possibilità, nell’immediato futuro, della perpetrazione di atti di violenza” da parte della vittima.

Si deve ritenere che “la condotta lesiva posta in essere abbia decisamente travalicato i limiti della mera reazione difensiva” sia per la “sproporzione della difesa” che per “l’assenza” della “inevitabilità altrimenti del pericolo”, dice la corte d’appello nell’ordinanza. Il fatto è dunque da configurarsi come “omicidio volontario” ma con l’attenuante della provocazione: l’imputato ha agito “in stato d’ira, perdendo il controllo di sé”. La questione di legittimità costituzionale riguarda però la possibilità di applicare alcune attenuanti per via del Codice Rosso che lo impedisce (andrebbe, per la corte, ad esempio riconosciuta anche “l’incensuratezza” di Alex). Si attende dunque il pronunciamenteo della Corte costituzionale. Anche i pm avevano sollevato il tema dell’impossibilità di applicare le attenuanti, formulando la richiesta a 14 anni di carcere: con il pronunciamento della Corte Suprema potrebbero essere dimezzati. 

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