Migranti, braccio di ferro Viminale-Ong

Il ministro Piantedosi: "Sbarco solo per vulnerabili". Landini attacca: "Inqualificabile non aiutare chi scappa da guerra e fame"

Braccio di ferro fra l’Italia e le ong per lo sbarco di oltre mille migranti soccorsi nel Mediterraneo. La nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere con a bordo 572 sopravvissuti ha annunciato di “aver chiesto e ricevuto il permesso dalle autorità italiane” a entrare “in acque territoriali italiane a causa del cattivo tempo”. “Stiamo aspettando da oltre 10 giorni un luogo sicuro di sbarco. L’ultima richiesta alle autorità italiane risale a ieri sera e stiamo ancora aspettando una risposta positiva”, ha dichiarato Juan Matias Gil, capomissione per le operazioni di ricerca e soccorso di Msf.

La Humanity 1 davanti alle coste di Catania ha chiesto lo sbarco di 179 persone fra cui oltre 100 minori non accompagnati e un neonato di sette mesi. Una donna che si trovava a bordo della Rise Above della ong Mission Lifeline è stata trasportata all’ospedale Umberto I di Siracusa. “Subito un porto sicuro – ha tuonato l’organizzazione umanitaria tedesca Sea Watch – la strategia del Ministro dell’Interno prolunga le sofferenze di migranti ed equipaggi. Lo fa dicendo cose false” e serve “resistere a questa strategia di deterrenza del soccorso in mare”.

Non si è fatta attendere la risposta a distanza del neo massimo inquilino del Viminale, Matteo Piantedosi, dopo la firma venerdì sera del decreto interministeriale con i colleghi di governo Crosetto (Difesa) e Salvini (Infrastrutture) che ‘chiude i porti’ vietando “la sosta nelle acque territoriali oltre il termine necessario ad assicurare operazioni di soccorso e assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali e in precarie condizioni di salute”.

Nella sua prima uscita pubblica a Milano, in occasione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, l’ex prefetto è tornato a ribadire la ‘sua’ linea dura sui migranti. Decreto – impugnabile al Tar nei primi 60 giorni – “senza dubbio illegale”, afferma Mirka Schäfer, advocacy officer di SOS Humanity. “Gli organismi di competenza accerteranno chi versa in condizioni di vulnerabilità e di questi ci faremo carico a prescindere dalle regole internazionali che noi riteniamo essere chiare – risponde a distanza dal capoluogo lombardo Piantedosi – Dopo di che la nave dovrà lasciare con tutto il resto del carico le acque nazionali”.

“Terremo fermo questo punto cercando di non venire meno agli obblighi umanitari, sui quali non faremo mai marcia indietro” – ha però aggiunto il ministro. “Non ce l’abbiamo con le persone a bordo – continua -. Tutti gli interventi di immediata assistenza verranno posti in essere. Attraverso i canali diplomatici abbiamo proposto ai Comandanti delle singole navi di procedere loro all’identificazione delle persone con una descrizione delle vulnerabilità che dobbiamo trattare a prescindere da quelle che crediamo essere le regole di gestione del fenomeno”.

Uno scontro che riecheggia i mesi ‘caldi’ del 2018-19 e non coinvolge solo gli attori protagonisti. “Stare dalla parte di Dio vuol dire prendersi cura di qualcuno e di qualcosa, specialmente dei più bisognosi”, ricorda il Papa a migliaia di chilometri di distanza parlando ai giovani della Scuola del Sacro Cuore nel suo terzo giorni di viaggio nel Regno di Bahrein. “Chi scappa dalla guerra e dalla fame è un nostro fratello e non c’è colore di pelle che tenga – attacca il leader della Cgil, Maurizio Landini, dal palco della manifestazione per la pace di Roma -. È inqualificabile che non si aiutino quei ragazzi e quei bambini, quelle persone che sono sulle navi nel Mediterraneo”.