Battisti, Torregiani: “Resto cauto. Non lo odio, ma il perdono è un’altra cosa”

Intervista al figlio del gioielliere ucciso dai Pac nel 1979: "Finché non lo vediamo atterrare non saremo sicuri che finirà in carcere"

Si sente "felice ma cauto" Alberto Torregiani, svegliato nella notte per la cattura di Cesare Battisti in Bolivia. Quarant'anni anni fa, il 16 febbraio del 1979, vide suo padre Luigi morire davanti alla gioielleria di famiglia nel quartiere della Bovisa di Milano, mentre lui stesso rimaneva paraplegico, per mano di un commando dei Proletari Armati per il Comunismo, di cui Battisti faceva parte. Suo padre fu 'punito' nello stesso giorno del macellaio di Mestre Lino Sabbadin perché, come Sabbadin, aveva sparato poche settimane prima a dei rapinatori. 'Giustizieri di estrema destra' li definì il Pac. Dopo una vita in fuga, Battisti è in mano alla giustizia e tornerà in Italia per scontare la pena a cui è stato condannato per concorso materiale e morale per quattro omicidi: l'ergastolo.

Chiunque al suo posto sarebbe sollevato. Si sente sollevato, Torregiani?
"Mi sento felice ma cauto, dopo le esperienze passate. Finché non lo vediamo atterrare non saremo sicuri che finirà in carcere. Se scappa stavolta è una comica, ma non credo che ora ci sia la volontà di nessuno che accada una cosa del genere. Tutti sono attenti a non fare figure da pagliacci".

Pensa di attenderlo in aeroporto per il rientro in Italia?
"Non sto programmando nulla. Sono pronto a qualsiasi movimento, ma non posso dire come programmerò queste giornate, saranno intense. Non so dirlo e non ci voglio neanche tanto pensare, non per paura che non succeda, ma perché non è come programmare le vacanze, per noi è una grande notizia, ci rende felici, ma è anche molto pesante".

Può dire di averlo perdonato, dopo 40 anni?
"Il perdono è un'altra cosa. Non si può perdonare qualcuno che non vuole essere perdonato. Noi siamo coerenti con i nostri pensieri, lui con i suoi. Il perdono si dà per qualcos'altro. È sicuro che nei suoi confronti non c'è odio, rancore o desiderio di vendetta. Noi abbiamo solo chiesto giustizia".