Confermata la sentenza di primo grado. Il clan teneva sotto scacco un pezzo di litorale romano
Si è chiuso con sette condanne, a Roma, il processo d'appello legato al cosiddetto racket delle case popolari del clan Spada di Ostia. Confermate le condanne arrivate in primo grado. Gli imputati rispondevano, a vario titolo, di minacce, violenze, sfratti forzati da alloggi popolari e una gambizzazione. Il tutto aggravato dal metodo mafioso, riconosciuto dai giudici, con cui il gruppo teneva sotto scacco un pezzo di litorale romano.
Ammonta a oltre 50 anni il cumulo delle condanne per i sette imputati: 13 anni e 8 mesi di carcere a Massimiliano Spada, 5 anni a Ottavio Spada, 6 anni e 4 mesi Davide Cirillo, 6 anni e 4 mesi a Mirko Miserino, 7 anni e 4 mesi a Maria Dora Spada, 11 anni a Massimo Massimiani e 6 anni a Manuel Granato. Nel procedimento oltre al Comune, la Regione e l'associazione antimafia Libera, erano parte civile i due collaboratori di giustizia Michael Cardoni e Tamara Ianni, in passato più volte vittima di intimidazioni. Saranno risarciti in sede civile.
Subito dopo la lettura della sentenza è scoppiato un putiferio. Uno degli imputati presenti in aula ha urlato contro i giudici: "Buffoni, quando esco da qui spacco tutto". In aula anche una ventina tra amici e parenti dei condannati, alcuni dei quali dopo il verdetto hanno gridato contro la corte: "Vergogna".
L'inchiesta che ha portato al processo partì dalla gambizzazione di Massimo Cardoni, detto Baficchio, ferito con due colpi di pistola nel 2015 a Ostia. Dalle indagini venne fuori la violenta contrapposizione tra il clan allora emergente degli Spada e la perdente compagine dei Baficchio-Galleoni, che aveva portato alla gambizzazione. Una lotta tra clan condita da minacce, intimidazioni, sfratti e occupazioni forzose di case popolari.
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