Ottanta anni fa le leggi razziali. “Abbattiamo l’indifferenza per non commettere più gli errori del passato”

Ottanta anni fa le leggi razziali. “Abbattiamo l’indifferenza per non commettere più gli errori del passato”

La mostra al museo ebraico di Roma “per far riflettere, dire no al razzismo e spingere le persone ad avere più sensibilità”, dice la curatrice Lia Toaff

"Sono passati 80 anni dalla promulgazioni delle leggi razziali eppure l'indifferenza continua a fare troppo male: è un'arma pericolosa, un muro che va abbattuto per guardare oltre. Oggi ancora risulta complicato parlare di accoglienza mentre continua a crescere l'intolleranza nei confronti delle persone". E' stato questo il motivo che ha spinto Lia Toaff e Yael Calò a dar vita alla mostra "Italiani di razza ebraica" al museo ebraico di Roma, in occasione degli 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali. La mostra è stata inaugurata oggi alla presenza dei leader della Comunità ebraica e della senatrice a vita Giuliana Segre.

"In questa esposizione – spiegano Lia e Yael, entrambe esperte della storia del Novecento – abbiamo 'giocato' con la propaganda fascista che ha ottenuto il suo forte consenso utilizzando slogan sulla patria e sull'Italia come paese dai confini chiusi. Fare confronti con il passato è sbagliato, la speranza però è che ora le persone abbiano più sensibilità di fronte a determinate tematiche".

Ed ecco così una mostra (in programma fino al 3 febbraio prossimo) nata con l'intento di "far riflettere e non criticare, per non ripetere più gli errori del passato – precisa Lia Toaff – Prima la politica si faceva per slogan ma era propaganda in realtà. E si faceva sui giornali, ora tutto si è spostato sui social dove però la maggior parte dei post pubblicati sono fake news. E' necessario spingere le persone ad aver più sensibilità per sconfiggere l'ignoranza ed evitare un ritorno a un clima di razzismo tra le persone”. 

Sono passati 80 anni quando in Italia nasceva il razzismo, era il 18 settembre 1938 e Benito Mussolini a Trieste annunciò il contenuto delle leggi razziali, firmate senza battere ciglio dal re Vittorio Emanuele III e poi abrogate nel 1944. Una serie di provvedimenti contro gli ebrei, che portarono all'Olocausto italiano: era vietato il matrimonio tra italiani ed ebrei, a loro era anche negato l'accesso a tutte le scuole e non potevano più lavorare nelle pubbliche amministrazioni e in società private. 

Storie di vita drammatiche, che Lia e Yael hanno raccolto e raccontato in questa mostra. Come quella di Laura Supino, al tempo una bimba di 5 anni, che all’improvviso vide completamente rivoluzionata la vita di tutta la sua famiglia. Lei e i suoi fratelli cacciati dalle scuole e suo padre ingegnere con una importante carriera nell'esercito, prima spesso in viaggio e sempre in uniforme poi senza più il suo lavoro, chiuso in casa e vestito in abiti civili ad ascoltare Radio Londra. Fino a quando quella radio non gli venne sequestrata e decise di costruirne un'altra ma bisognava avere tutto il necessario e lui non poteva di certo comprarlo. E qui entra in scena Laura, che a 5 anni va in giro per negozi a cercare fili elettrici, bulloni e antenne. Per non destare sospetti ai commercianti dice di voler costruire bambole autarchiche quando in realtà sta solo aiutando il suo papà. E insieme ci riescono e quella radio ‘fatta in casa’ ora è uno degli oggetti principali esposti alla mostra, insieme ad altri documenti. Come il contratto matrimoniale (‘Ketubà’ in ebraico) di Vito ed Emma Zarfati Vivanti, arrestati e poi deportati con tutta famiglia: lei e la figlioletta non tornarono più da Auschwitz. Tra i documenti inediti in esposizione ci sono anche le lettere di Italia Del Monte in Funaro inviate dal campo di concentramento, era titolare di alcuni negozi a Roma, fu denunciata dai suoi dipendenti perché ebrea, arrestata a Regina Coeli e poi portata a Fossoli e poi Auschwitz da dove non fece più ritorno.

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