Valentino Talluto (condannato a 24 anni) contagiò volontariamente decine di ragazze. E non si è mai pentito
Valentino Talluto agì con "volontà pianificatrice" creando "danni immensi" a ragazze "a lui sentimentalmente molto legate". E lo fece senza "alcun ravvedimento". È quanto si legge nelle motivazioni con le quali la Terza Corte d'Assise di Roma ha condannato, il 27 ottobre scorso, a 24 anni di carcere il 33enne sieropositivo che contagiò decine di partner con rapporti non protetti.
Nelle motivazioni si sottolinea "la volontà pianificatrice, delineata anche dal dato cronologico di una condotta criminosa che si protrae per anni e che per anni vede Talluto sistematicamente ogni volta, con ogni ragazza, nascondere il proprio stato di positività e ricercare, conquistata la fiducia, rapporti sessuali di ogni tipo, con coinvolgimento di conoscenti".
Talluto "aveva ben chiara la concreta possibilità di provocare il contagio nei suoi partners – scrive la giudice Evelina Canale – al di là della portata della sua carica virale e della sintomatologia della malattia".
Per la giudice, Talluto "non merita le attenuanti generiche per la reiterazione delle gravi condotte anche in danno di persone giovani e inesperte per il protrarsi delle stesse nel corso delle indagini fino al giorno dell'arresto", e per "l'assoluta mancanza di alcun segno di ravvedimento di ristoro, anche minimo, degli immensi danni patiti dalle vittime".
Di "ricostruzione granitica dei fatti" parla l'avvocato di parte civile Irma Conti che aggiunge: "Per la sussistenza del reato di epidemia e della sussistenza del dolo diretto (entrambi non riconosciuti in primo grado ndr) attendiamo le determinazioni della procura".
A Talluto l'accusa attribuiva 57 episodi legati ad altrettante persone: l'inchiesta faceva riferimento a una trentina di donne infettate con rapporti sessuali non protetti, tre uomini infettati da donne diventate sieropositive a causa del sesso con lui, un bambino nato da una sua ex partner oggi sieropositiva. La corte non ha riconosciuto il reato di epidemia dolosa, né ha ritenuto l'uomo colpevole di 'tentate lesioni' su venticinque donne scampate all'infezione pur avendo avuto con lui rapporti non protetti, come invece chiedeva la pm Elena Neri.
Nessuna delle partner di Talluto sapeva quanto rischiava perché a nessuna aveva detto di essere sieropositivo. I fatti presi in esame nel processo sono avvenuti tra il 2006, quando l'uomo ha saputo di essere sieropositivo dopo aver fatto un test hiv, e il 2015.
Non si sottoponeva a terapia retrovirale, teneva nascosta la sua condizione, infettava chi lo amava: così, senza mai un ripensamento, per nove anni l'uomo ha fatto del male a decine di persone che gli erano vicine.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata