"Ho usato parole sbagliate e ho ferito chi ha subito abusi", ha spiegato il Pontefice

Sul caso Barros, arcivescovo di Osorno (in Cile) accusato di aver coperto un prete pedofilo, Bergoglio non si smuove nemmeno di un millimetro. Anzi: nella conferenza stampa sul volo di rientro da Lima a Roma rivela di aver respinto le dimissioni presentate dal prelato per ben due volte e non solo non accusa i colpi della presa di distanza del presidente della commissione antiabusi, il cardinale O'Malley, ma lo ringrazia anche.

La prima volta che Bergoglio ha respinto le dimissioni di Barros è stata alla scadenza del vescovado militare, dopo 20 anni di prelatura (era stato ausiliare di Valparaiso, vescovo di Iquique e poi militare), la seconda alla nuova nomina alla guida della diocesi di Osorno. Richieste arrivate perché il vento delle proteste delle ex vittime di padre Karadima, considerato suo padre spirituale, soffiava sempre più forte. "Gli ho detto 'No, tu vai avanti', così non si gioca – spiega il Papa – dimettersi è come ammettere delle colpe" prima dei risultati dell'indagine. Si continua a investigare su di lui, ma non emerge nulla: "Non ci sono evidenze di abusi". Una giornalista cilena gli risponde che il prelato è accusato di insabbiamenti, ma il Pontefice si dice assolutamente convinto della sua innocenza: "anche insabbiare è un abuso, ripeto: non ci sono evidenze". Questa parola, 'evidenze', ritorna per l'intera conferenza stampa.

Su una cosa, infatti, il Papa frena e chiede scusa: l'aver utilizzato, parlando con dei giornalisti locali a Iquique, il termine 'prove' per motivare la sua difesa di Barros. Un "termine infelice", spiega, un errore di traduzione. "Devo chiedere scusa – afferma – perché la parola 'Prova' ha ferito tanti abusati. È chiaro che le ex vittime non sono in grado di portare delle prove. Chiedo scusa a loro se li ho feriti senza accorgermi. So quanto soffrono, sentire che il Papa dice in faccia 'Portatemi una prova' è uno schiaffo. Con sincerità però dico: Barros resterà lì se non ho modo di condannarlo e per condannarlo servono evidenze", insiste. Passa la linea di O'Malley, uno dei più stretti collaboratori di Bergoglio, membro del C9, che due giorni fa in una dichiarazione aveva detto che le parole del Papa avevano "comprensibilmente provocato grande dolore alle vittime", pur riconoscendo gli sforzi fatti da Francesco nella lotta alla pedofilia nel clero: "Io ho apprezzato il cardinale O'Malley, lo ringrazio per la dichiarazione, perché è stato molto giusto. Ha detto tutto quello che ho fatto e faccio per le vittime, che fa la chiesa". È dai tempi di Papa Benedetto, ricorda Francesco, che in Vaticano si applica la "tolleranza zero" con i pedofili: "In 5 anni di pontificato – assicura – non ho firmato una sola richiesta di grazia, e ne ho ricevute 20 o 25". Ora la tormentata commissione che O'Malley guida per far luce sugli abusi è stata rinnovata, il mandato dei membri, dopo 3 anni, era in scadenza. La lista definitiva dei nomi è arrivata martedì. Tempi lunghi per il rinnovo ma, assicura Bergoglio, assolutamente "normali" per "nomine del genere". 

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